Un farmaco a base di insulina sotto forma di nanoparticelle polimeriche è stato messo a punto per il trattamento dell’Alzheimer. Scopriamo maggiori particolari grazie allo studio dedicato coordinato dall’Ibim- Cnr e realizzato in collaborazione con l’Ibf-Cnr e l’Università di Palermo.
Pubblicata sulla rivista di settore Biomaterials, la ricerca illustra come sia stato creato questo medicinale all’avanguardia: esso consente di portare l’insulina direttamente al cervello attraverso uno spray nasale caricato con l’ormone sotto forma di nanogel. Questa sua “forma” gli consente di raggiungere direttamente il cervello, al fine di somministrare il farmaco direttamente all’encefalo senza ottenere in risposta uno stato di ipoglicemia come accade per le somministrazioni attualmente in uso. A livello medico il morbo di Alzheimer viene chiamato anche “diabete di tipo 3” perché i pazienti affetti dalla malattia sviluppano una resistenza all’insulina cerebrale, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo della patologia.
L’insulina, somministrata ovviamente in via sperimentale in un precedente studio, è apparsa essere in grado di migliorare le facoltà cognitive nei pazienti affetti da Alzheimer fermando la neurodegenerazione. Motivo per il quale gli scienziati italiani hanno deciso di realizzare questo nanogel. Commenta Marta Di Carlo dell’Ibim-Cnr:
La consueta somministrazione periferica di insulina, utilizzata nella terapia diabetica, è un rischio per l’insorgenza/aumento d’ipoglicemia e resistenza all’insulina. Abbiamo quindi creato dei nanogels capaci di incorporare, proteggere e veicolare l’insulina direttamente al cervello. Il team di ricerca ha prodotto questo nanosistema per la preparazione di uno spray intranasale. Tale somministrazione è una strategia alternativa per superare la barriera emato-encefalica (Bee) ed arrivare più velocemente al cervello, tramite la mucosa olfattoria e bypassando la periferia, dove potrebbe produrre effetti indesiderati.
Il farmaco a base di insulina risulta per il momento privo di tossicità è emo-compatibile ed in grado di inibire i classici meccanismi neuro-degenerativi dell’Alzheimer, tra i quali figurano lo stress ossidativo e la morte cellulare. Saranno necessari ulteriori studi prima che si possa passare a dei trial umani, ma le premesse appaiono essere più che positive.
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