Si sa, i bambini, per definizione, sono vivaci. Qualcuno più degli altri. Ma in questi ultimi anni è emerso un vero e proprio disturbo comportamentale che va sotto il nome di ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), acronimo che sta per “sindrome da deficit di attenzione e iperattività’‘. Molti genitori non fanno che lamentarsi e preoccuparsi per l’energia apparentemente inesauribile dei propri bambini, ma in pochi sanno come comportarsi quando questa vivacità si trasforma in un disturbo clinico concreto. Non lasciamoci prendere dal panico e, innanzitutto, impariamo a distinguere tra una sana esuberanza e un’iperattività da curare.
Non esistono ancora dei veri e propri test, ma bisogna osservare innanzitutto l’umore del proprio bambino. Un bambino affetto da ADHD infatti presenterà una situazione, sia a casa che a scuola, abbastanza complessa poiché si renderà conto lui stesso di essere in un certo senso “diverso” dagli altri, che spesso gli faranno notare questa sua particolare propensione al disturbo e lo metteranno in disparte. Se vostro figlio va mediamente bene a scuola, ha degli amici ed è sereno, in generale potrete stare tranquilli: ha solo bisogno di sfogarsi!
In caso contrario, sarà bene contattare in primis il pediatra e poi, eventualmente, lo specialista per determinare la presenza o meno della sindrome. La diagnosi vera e propria avviene osservando la vita quotidiana del bambino, soprattutto nel rapporto con i suoi coetanei, sia nel gioco che nel contesto scolastico. Alcuni sintomi di questa sindrome sono: forte disattenzione (es. non esegue i compiti a scuola o fa errori di distrazione); non ascolta quando gli si parla; non esegue nessuno dei compiti che gli si assegnano, nemmeno a casa (es. mettere in ordine); perde spesso gli oggetti o viene distratto facilmente da stimoli esterni; si mostra fisicamente irrequieto (muove mani e piedi in continuazione e non sta seduto); salta e corre continuamente, indipendentemente dalla situazione che sta vivendo; parla troppo, anche interrompendo gli altri; cerca continuamente il contatto fisico, anche in modo violento.
Il campanello d’allarme per poter definire il bambino seriamente iperattivo dovrebbe dunque scattare in età scolare. Quando la presenza della sindrome viene invece confermata, esistono dei metodi e degli accorgimenti da intraprendere per arginare i possibili danni. Si consiglia innanzitutto un approccio non farmacologico, ma psicologico ed educativo del bambino per comprenderlo e saperlo gestire consapevolmente. Quando si ha a che fare con un bambino iperattivo, che la sua sia una sindrome conclamata o meno, bisognerà stabilire delle regole comportamentali, che varranno sia per lui che per i genitori.
Esiste anche un metodo farmacologico per curare la sindrome da deficit di attenzione e iperattività nella sua forma più grave (ossia, quando il bambino è eccessivamente aggressivo, ingestibile, senza alcun segno di miglioramento), ma sono state mosse infinite critiche al suo impiego in età evolutiva, in quanto comporta l’utilizzo di psicofarmaci piuttosto potenti. In Italia sono nate varie associazioni e campagne di farmacovigilanza perché non vengano usati tali metodi sui bambini. In ogni caso, è consigliabile affidarsi ad un esperto (psicologo o neuropsichiatra) per consigli terapie non invasive, ricordando che l’assunzione di psicofarmaci ad una così giovane età deve essere ritenuto un rimedio estremo.