Se non viene presa a piccole dosi, la televisione va a braccetto con la tristezza. È questo il risultato di una ricerca condotta da psicologi e sociologi dell’Università del Maryland, secondo cui, a parità di età, cultura, sesso, condizione economica e stato civile, chi si sente triste guarda la televisione in media il 20 per cento in più di chi si sente felice. Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno analizzato le risposte di questionari e “diari” che, nell’arco di trent’anni, sono stati compilati da oltre 30.000 partecipanti a varie indagini sociologiche.
Resta un dubbio: è la felicità che spinge a guardare meno la televisione oppure è lo stare molto tempo davanti al video che spiana la strada alla tristezza? Secondo i ricercatori un fatto, comunque, è certo: il più diffuso degli elettrodomestici ha tutti i titoli per poter innescare una spirale pericolosa. Per capire come ciò possa accadere, si può partire dalla semplice domanda: che cosa spinge a passare lunghe ore davanti allo schermo? Per guardare la televisione non è necessario pianificare la serata o la giornata, né trovare compagnia, vestirsi, uscire di casa, e tanto meno spendere soldi ed energia.
A questo si aggiunge l’ulteriore vantaggio di poter stare comodi in poltrona assistiti dai generi di coforto preferiti.
«La Tv però non sembra soddisfare le persone allo stesso modo di una relazione sociale e nemmeno quanto la lettura di un giornale, perchè è un’attività passiva. Più che altro è una via di fuga, in particolare durante i periodi di depressione economica»
osserva il dott. John Robinson, uno degli autori dello studio.
Non a caso una buona fetta delle persone che si dichiara felice -il 51 per cento- ha la sensazione di avere perfino troppo tempo libero a disposizione che non sa come gestire e che finisce spesso per “buttar via”. Lo stesso stato d’animo invece colpisce occasionalmente soltanto il 19 per cento di quanti si dichiarano sostanzialmente soddisfatti della propria vita.
Ed eccoci al punto cruciale. L’analisi delle risposte ha svelato che i forti consumatori di Tv la considerano una sostanziale perdita di tempo, ma sovente aggiungono che «il programma che ho guardato stasera non era affatto male». In questo tipo di risposte -dicono i ricercatori- si può intravedere una reazione comune a tutte le forme di dipendenza, dall’alcol alle droghe, fino al gioco compulsino: c’è una gratificazione immediata il cui effetto però scema rapidamente, lasciando la persona fondamentalmente insoddisfatta.
Che cosa c’è alla base di questo sentimento di delusione che accompagna l’eccesso di televisione? Due sarebbero i meccanismi che entrano in gioco. Il primo è legato al fatto che siamo animali sociali; e la socialità è partecipazione e condivisione. Riconoscimento reciproco. Tutte cose che la passiva televisione non può dare. Ma c’è dell’altro. I forti consumatori di televisione traggono una minore soddisfazione da ciò che hanno realizzato o stanno realizzando nella vita perché gli spettacoli a cui assistono a lungo andare ingenerano aspirazioni irrealistiche.
La capacità di produrre bisogni “indotti” (e fittizi) è ben nota, ma a quanto pare non riguarda soltanto singoli oggetti o status symbol: coinvolge gli stili di vita e l‘immagine di sé. E questo fenomeno colpisce tutti, indipendentemente da reddito e stato sociale.
Dallo studio, infine, emerge che le ore passate davanti al televisore sono anche un indicatore del funzionamento della vita a due: le coppie che hanno problemi tendono a dedicare alla Tv più tempo di quelle soddisfatte; e ciò, a scapito di altre attività in comune, ivi compresi i rapporti sessuali, che sono il 30 per cento più frequenti quando i partner sono felici.
Da http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Febbraio_2010/01_Benessere.pdf