Pare non ci siano rischi per la salute dei consumatori, ma quel che è certo è che ce ne possono essere per chi lavora in fabbrica. Stiamo parlando dei famosi jeans scoloriti che tanto vanno di moda negli ultimi anni. E non di un marchio cinese fatto senza la tutela dei lavoratori, ma dei marchi più alla moda: Armani, Dolce&Gabbana, Diesel, Replay, Cavalli, solo per citarne alcuni.
La malattia in questione si chiama silicosi, ed è una malattia professionale che colpisce i lavoratori che vengono in contatto con alcuni tipi di polveri. Secondo quanto sostengono l’associazione Abiti Puliti e Fair Coop, un organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, pare che lavorare i jeans in modo da produrre volontariamente la scoloritura possa comportare un altissimo rischio di contrarre la silicosi.
Il motivo sta nella tecnica di produzione. Si chiama sandblasting (letteralmente “sparare la sabbia”), e si tratta di un compressore che spara della sabbia sul jeans ad alta pressione. Questa sabbia contiene silice, che per essere considerata sicura dovrebbe avere una presenza dello 0,5% negli standard europei e dell’1% per quelli americani. Invece negli stabilimenti dove questi pantaloni sono prodotti (Cina, Bangladesh, Egitto, ecc.) si calcola che i livelli di silice possano raggiungere anche l’80%, comportando una quasi certezza per l’operaio di ammalarsi di cancro in appena 6-24 mesi di lavoro.
Per questo da oggi scatta una nuova iniziativa, promossa da queste associazioni, chiamata “tasca virale”. In pratica potreste trovare, attaccata alla tasca del jeans che state per comprare, la scritta “nuoce gravemente alla salute”, come per le sigarette. E non è un’esagerazione, dato che si calcola che degli 8-10 mila lavoratori che si occupano di sandblasting, circa il 50% sia affetto da silicosi. Per questo alcuni Paesi, come la Turchia, hanno stabilito come fuorilegge questa tecnica, e molti altri potrebbero seguire dopo l’appello dell’Oms.
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[Fonte: Corriere della Sera]