La leucemia a cellule capellute è un tumore del sangue tra i più rari. Parliamo di una delle leucemie più difficili da curare che da ora però inizia ad essere meno “segreta” anche per i ricercatori. Un gruppo di scienziati italiani, guidati dal dott. Brunangelo Falini, ematologo dell’Università di Perugia, è stato in grado di identificare il gene mutato responsabile della malattia.
I risultati sono stati pubblicati all’inizio di questo mese sul New England Journal of Medicine, nota rivista del settore, e sono sati ampiamente dibattuti nel corso del congresso londinese della Società europea di Ematologia. Questa scoperta sarà in grado di cambiare immediatamente l’approccio che si ha sulla sua diagnosi, ora resa decisamente più veloce, e sulla futura messa a punto dei nuove cure per questa leucemia, di tipo cronico e decisamente raro.
In particolare, non solo la scoperta, ma anche le tecniche per il raggiungimento della stessa permetteranno ai ricercatori di costruire una mappa delle mutazioni tumorali umane. Spiega Falini:
Siamo stati tra i primi al mondo ad utilizzare tecniche di sequenziamento globale genomico per lo studio di leucemie e e la scoperta che il gene Brafè mutato nel 100% dei casi leucemia a cellule capellute rappresenta sicuramente uno degli esempi più paradigmatici delle enormi potenzialità che il nuovo approccio offre nel tracciare la carta di identità molecolare dei tumori.
Sotto lo pseudonimo di Braf è conosciuto il gene responsabile della leucemia a cellule capellute, così definita perché le sue cellule malate presentano dei prolungamenti (che ricordano i capelli, n.d.r) sulla loro superficie. Si tratta di una patologia scoperta 50 anni fa, ma della quale si ignorava la modificazione del dna.
Grazie a questa scoperta sarà possibile mettere a punto dei nuovi farmaci. I tempi, come spiega l’ematologo, saranno dettati dalla attenzione che le case farmaceutiche intenderanno apporre su questa scoperta e su questa particolare tipologia di leucemia. Anche se le speranze di un nuovo farmaco in tempi brevi sono buone, dato che questa mutazione sarebbe presente anche in un tumore che raro non è, il melanoma.
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Fonte: Corriere della sera