Buone notizie per i malati di diabete, un gruppo di ricercatori americani ha trovato il modo di far guarire i topi che ne sono affetti. Una tecnica che, se verrà confermata, potrà essere testata anche sull’uomo e che potrebbe finalmente risolvere il problema che affligge milioni di persone in tutto il mondo.
La fantastica scoperta è stata effettuata presso la Washington University School of Medicine di St. Louis in cui gli studiosi sono riusciti a ripristinare il normale metabolismo degli zuccheri nel sangue nei topi diabetici. Il tutto grazie ad un composto che già normalmente il corpo produce. Per renderlo utilizzabile negli esseri umani, spiegano i ricercatori, basterebbe che i pazienti prendessero una dose quotidiana di una vitamina e questo sarebbe sufficiente per prevenire il diabete nei pre-diabetici e curarlo per chi ne è già affetto.
Il composto è chiamato mononucleotide nicotinamide, o NMN, il quale si occupa della funzione energetica nelle cellule. A spiegare la scoperta è stato il professor Shin-Ichiro Imai, docente di biologia dello sviluppo presso l’ateneo americano:
Dopo aver dato l’NMN, la tolleranza al glucosio è completamente tornata alla normalità nei topi diabetici femmine. Nei maschi vediamo un effetto più mite rispetto alle femmine, ma abbiamo comunque constatato un effetto. Si tratta di risultati davvero notevoli. L’NMN migliora i sintomi del diabete, almeno nei topi.
La fiducia che i ricercatori hanno sulle possibilità che questa funzione possa essere attivata anche negli esseri umani è dovuta al fatto che i meccanismi che influenzano l’NMN sono più o meno gli stessi tra uomini e topi. Per semplificare, l’NMN fa in modo che una proteina, che con il tempo, le condizioni metaboliche particolari ed una dieta sbagliata, comincia a funzionare male favorendo il diabete, continui a lavorare al meglio, o ritorni alle sue condizioni normali. Inoltre, precisano i ricercatori, se l’NMN viene dato a topi non diabetici, non gli fa male, il che significa che può essere dato anche a quei pazienti che sono a rischio di sviluppare la condizione, come quelli obesi o con una evidente predisposizione.
Il prossimo passo sarà di constatare come mai il meccanismo funzioni bene nelle femmine e meno bene nei maschi. Si pensa ci siano interferenze degli ormoni sessuali, ma ad ogni modo, superato questo ostacolo, verrà avviata la sperimentazione sugli esseri umani. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Cell Metabolism.
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[Fonte: Sciencedaily]