Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan trovare il/la proprio partner sempre più irritante man mano che passano gli anni trascorsi insieme non è affatto un brutto segno. Anzi! Kira Birditt, dell’Istitute For Social Research dell’università statunitense ritiene che essere astiosi e ipercritici verso la persona a cui un tempo giurammo amore eterno rivela la nostra maggiore vicinza e intimità con questo/a e una maggiore propensione ad essere pienamente noi stessi quando ci relazioniamo con la nostra dolce (?!) metà.
Queste le conclusioni di una ricerca che ha visto coinvolti 800 soggetti dei quali sono state esaminate le interazioni di coppia in due diverse occasioni, nel 1992 e nel 2005. Lo studio non ha riguardato comunque solo la relazione col partner ma anche quella con un figlio o con l’amico più intimo. I dati emersi rivelano che il livello di conflittualità è molto elevato nelle coppie più giovani (tutte le coppie prese in considerazione avevano più di venti anni) mentre tende ad attenuarsi con l’età. Le relazioni durature quindi tenderebbero a diventare sempre meno burrascose dopo aver attraversato un picco di quella che gli studiosi chiamano “negatività”. In particolare, sarebbero gli ultrasessantenni a vantare le relazioni più serene.
Secondo gli studiosi ciò avverrebbe perchè l’acredine che caratterizza queste coppie sarebbe funzionale al raggiungimento di una migliore stabilità relazionale grazie all’acquisizione di nuove e migliori capacità di interazione. In altre parole esprimere pienamente i nostri stati d’animo negativi, esprimere critiche, scontrarsi, sarebbe un ottimo metodo per imparare a gestire il rapporto in maniera più adeguata. Ma non è tutto: dalla ricerca è emerso anche che è la relazione con il compagno che col tempo diventa sempre più ostile, mentre lo stesso non accade con i figli o con gli amici e che se le relazioni di coppia si inaspriscono (soprattutto dopo la nascita di un figlio) quelle con gli amici diventano migliori. A noi onestemente però sorge un dubbio: si sono chiesti i ricercatori se gli ultrassesantenni pacifici semplicemente si sono rassegnati?