Buona parte del nostro mondo attuale si fonda sui computer o sul loro utilizzo. Nel mondo virtuale ci si può conoscere, divertirsi, addirittura fare del sesso. Sempre più di frequente si sceglie, addirittura prima di consultare uno specialista in caso di patologie, ci si affida alla rete per capirne di più. Non stupisce quindi che vi sia anche una possibile sperimentazione di “medici avatar”.Parliamo ovviamente di cyberterapia.
E non di rado, come spiega il dott. Jeremy Bailenson, direttore del Virtual Human Interaction Lab dell’università di Stanford nel suo libro “Infinite Reality”, le cure per le malattie passano anche dalla dimensione virtuale. Per lo specialista bisogna partire, per spiegare il concetto, da un assunto: l’esperienza virtuale è in grado di alterare anche il comportamento nella vita reale. Anche partendo dall’avatar: basta infatti assegnare ad una persona una immagine virtuale più attraente di quanto la stessa si ritenga per favorire un suo aumento dell’autostima e della sicurezza. Comportamenti poi mantenuti nella vita reale.
Da questo si è partiti per sperimentare l’effetto “avatar” nella cura e nel trattamento di problemi psicologici da parte di alcuni pazienti. Creando una immedesimazione che spesso nella vita reale non avviene in linea diretta. Un’altra sperimentazione correlata ha riguardato il far entrare in un avatar anziano dei giovani: i risultati sono stati straordinari. La prova ha aumentato l’empatia degli stessi nei confronti dei rappresentanti della terza età.
Un percorso particolare ed utile che a livello scientifico ha portato alla creazione di medici avatar in grado di combattere virtualmente l’ansia sociale da parte dell’Institute for Creative Technologies californiano. L’aspetto tranquillizzante di Angelina, il primo avatar creato, il suo essere ascoltatrice senza giudicare, hanno fatto si che diverse persone riuscissero a superare i propri limiti e le proprie paure.
Angelina è solo un esempio. A San Diego, sempre in California, le proprietà curative della realtà virtuale vengono applicate nelle terapie di superamento dei disturbi post traumatici da stress relativi al rientro in patria dei reduci delle missioni militari all’estero.
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