I neuroni hanno sempre rappresentato uno dei grandi “misteri” della medicina. Uniche cellula in grado di non rigenerarsi dell’organismo umano, per questa loro peculiarità e la capacità innata di “gestire” l’organismo nelle sue diverse necessità, hanno sempre rappresentato un interessante oggetto di studio. Un gruppo di scienziati italiani ha recentemente individuato la proteina adibita alla loro protezione.
La scoperta, effettuata dai ricercatori del laboratorio di Neurofisiologia e Neuroimmunologia cellulare e molecolare del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università Sapienza di Roma, è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista di settore Journal of Neuroscience. Non solo, per la sua rilevanza è stata anche ripresa dalla versione online dell’Alzheimer Research Forum e ampiamente dibattuta anche da SciBX pubblicazione settimanale focalizzata sulla ricerca biomedica.
I ricercatori sono partiti dalla morte neuronale e dalla sua “caratteristica” di non verificarsi con facilità nemmeno in casi comuni, quali possono essere i traumi cranici o le principali malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer, e si sono concentrati nello studio delle dinamiche concernenti le cellule celebrali ed alle loro reazioni in caso di danno eccitotossico.
Hanno scoperto che esiste una proteina in grado di tutelare il più possibile la loro salute: la chemochina CXCL16.
Spiega la ricercatrice Flavia Trettel, tra i firmatari dello studio:
Fino a oggi si riteneva che la chemochina CXCL16 avesse un ruolo funzionale solo nel sistema immunitario. La nostra ricerca ha evidenziato che la CXCL16 ha un ruolo attivo anche a livello del sistema nervoso centrale. In particolare abbiamo scoperto che la CXCL16, agendo specificamente sugli astrociti (cellule del sistema nervoso che assicurano il corretto funzionamento dei neuroni), stimola la liberazione di fattori neuro protettivi che riducono la morte neuronale. Tale meccanismo richiede l’azione sinergica dell’adenosina e in particolare l’attivazione dei recettori A3R astrocitari.
La scoperta rappresenta un valido punto di partenza per comprendere in modo più netto e semplice il meccanismo di funzionamento del cervello e la capacità neuronale di resistenza.
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Fonte: Journal of Neuroscience