Lo scorso anno l’intera Europa e buona parte degli Stati Uniti hanno combattuto con quello che è stato definito da molti il “batterio killer”. Ovvero l’Escherichia Coli, un batterio che per proliferare predilige l’acqua ed alimenti come la carne, il latte e diversi altri. Sebbene la miglior arma preventiva sia quella di evitare il contatto con cibi contaminati, possedere un intestino in salute rappresenta ancora uno scudo potente contro le infezioni.
Specialmente quando ci si trova ad ingerire degli alimenti contaminati senza saperlo. L’infezione causata da questi agenti patogeni può avere gravi conseguenze sulla salute. I ricercatori dell’Università del Michigan sostengono che un intestino caratterizzato da batteri buoni in ottimo stato possa aiutare a fermare questa particolare patologia.
Secondo gli scienziati, la possibilità che il batterio possa ucciderci o portarci in uno stato di prostrazione eccessiva dipende da un fattore genetico. Ciò non toglie che la flora batterica intestinale, quando in buono stato, possa essere capace di eliminare gli ospiti indesiderati prima che gli stessi abbiamo la possibilità di attecchire nel nostro apparato digerente e riprodursi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Science. Commenta il coordinatore della ricerca Gabriel Nunez:
Più di 1.000 specie di batteri vivono nel nostro intestino, in una popolazione simbiotica chiamata il microbiota. Questi risultati dimostrano che questi, chiamati anche batteri commensali, competono con i batteri patogeni in un modo in precedenza non compreso, e che gli agenti patogeni utilizzano un set specifico di geni per competere con i commensali prima di lasciare temporaneamente il corpo. Capire questo ci offre i potenziali obiettivi per la prevenzione e il trattamento.
Una sorta di guerra tra batteri buoni e batteri cattivi, dove le due fazioni “combattono” per accaparrarsi l’energia necessaria alla sopravvivenza. L’ipotesi suggerita dagli scienziati è quella di rimuovere alcuni elementi nutritivi e favorire la presenza di altri, dando modo ai “buoni” di combattere i germi nocivi. Fattore questo che potrebbe portare ad un utilizzo più mirato degli antibiotici contro l’E. coli al fine di debellarlo.
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Fonte: Science