La notizia è stata data qualche giorno fa dal Cnr. Un blitz animalista, lo scorso 20 aprile, ha portato alla liberazione di cento topi ed un coniglio del Dipartimento di biotecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università degli Studi di Milano, dove opera anche l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche ed alla perdita, contestuale, di anni di ricerca scientifica.
Le cinque persone che si sono introdotte all’interno dello stabile non solo hanno liberato gli animali presenti nel laboratorio, ma hanno dato vita ad un danno di diverse centinaia di migliaia di euro togliendo i cartellini a tutte le gabbie, rendendo impossibile l’identificazione degli animali rimasti in base alla sperimentazione, sprecando così i fondi impiegati.
Bitz simili da parte degli anti-vivisezionisti sono la norma in alcune occasioni e dibattere del fatto che siano giusti o sbagliati nel modo in cui sono condotti ci farebbe davvero perdere molto tempo. Voglio che vi focalizziate sull’importanza che la ricerca medica possiede ed il fatto che spesso molte scoperte passano prima attraverso la sperimentazione animale. Questo punto è uno tra i più controversi della bioetica. Perché in molti amiamo gli animali, ma davanti ad una malattia dei propri cari ed alla possibilità di raggiungere una possibile cura, il fatto che si usino cavie come topi o conigli, non stravolge più di tanto.
Chi vi scrive, personalmente, è molto combattuta sul tema. Ma quale possibilità di sopravvivenza hanno delle cavie geneticamente “preparare” fuori dal contesto del laboratorio? E soprattutto, perché indugiare in un comportamento che non solo ha di fatto azzerato i progressi raggiunti dal Cnr su malattie come il Parkinson, la Sclerosi laterale amiotrofica e sclerosi multipla, ma è stato un “dispetto” fine a se stesso che porterà comunque all’utilizzo di altre cavie? Ecco la denuncia del Cnr in un comunicato:
Le ricerche riguardano in gran parte malattie del sistema nervoso, per le quali vi è un disperato bisogno di cure, attualmente non disponibili: autismo, malattia di Parkinson, di Alzheimer, Sclerosi Multipla, Sclerosi Laterale Amiotrofica, sindrome di Prader-Willi, dipendenza da nicotina; le nostre ricerche sono finanziate da enti nazionali e internazionali, i finanziamenti sono ottenuti mediante processi di valutazione rigorosa e i risultati sono pubblicati nelle migliori riviste internazionali nel campo.
Dove si trova in questo caso la linea di demarcazione tra la giusta protesta e il danno? Due domande mi piacerebbe porre: è possibile raggiungere gli stessi risultati senza la sperimentazione animale? E, rivolta agli animalisti: se un vostro caro fosse malato di una delle suddette incurabili malattie, la pensereste allo stesso modo?
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