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Sostanze tossiche, ora anche dall’abbigliamento sportivo. La denuncia di Greenpeace

L’abbigliamento sportivo potrebbe contenere sostanze tossiche. A rivelarlo, è il rapporto “Panni sporchi2”, l’inchiesta di Greenpeace su abiti e scarpe sportive commercializzati dalle grandi marche. La ricerca, è stata effettuata su 78 articoli, fra t-shirt, giacche, pantaloni, intimo e scarpe in tela acquistati in 18 differenti paesi in tutto il mondo, Italia compresa.

Dopo aver comprato la merce, Greenpeace ha inviato i campioni ad un laboratorio indipendente per verificare la presenza di nonilfenoli etossilati, una categoria di prodotti chimici impiegati anche nell’industria tessile, che a contatto con l’ambiente si trasformano in una sostanza nociva, il nonilfenolo (NP). Si tratta di un composto molto pericoloso perché non si degrada facilmente e si accumula lungo la catena alimentare, con il rischio di alterare il il sistema ormonale dell’uomo anche a livelli molto bassi.

Ben 52 prodotti appartenenti a 14 marche (Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor) sono risultati positivi al test sui nonilfenoli etossilati (NPE). L’uso di questi composti nell’industria tessile è un problema molto grave, che rischia di provocare danni ambientali alle acque di tutto il mondo. In Europa, infatti, con l’entrata in vigore e della Direttiva Quadro sulle Acque, nel 2001, sono state poste le basi per adottare misure in grado di prevenire le emissioni di nonilfenolo nei corpi idrici entro 20 anni. Inoltre, nel 2003 è stata varata la a Direttiva sulla limitazione di uso e mercato di alcune sostanze pericolose (fra cui nonilfenolo, nonilfenoli etossilati e cemento).

I risultati della ricerca parlano chiaro, il nonilfenolo etossilato è stato usato in qualche stadio del processo produttivo, non solo per gli abiti prodotti in Cina, ma anche per quelli nei Paesi in Via di Sviluppo come Bangladesh, Cambogia o Turchia. Il lavaggio di questi tessuti, sia nella fase di approvvigionamento, che dopo il loro acquisto comporta il rilascio nell’ambiente di tali sostanze tossiche. Dopo la pubblicazione del rapporto, le marche Puma e Nike si sono impegnate ad eliminare entro il 2020 tutti gli scarichi pericolosi lungo l’intera catena di approvvigionamento con l’adozione di un dettagliato piano di azione che sarà reso pubblico.