L’omosessualità è stata eliminata dall’elenco delle malattie psichiatriche dal 1993, ma a quanto pare il lesbismo è ancora considerato una malattia, almeno stando all’elenco ufficiale, contenuto nel modulo “Icd9-cm”, delle patologie e dei traumatismi al quale fanno riferimento sia gli enti pubblici che l’Inps, chiamata su tali elenchi a certificare disabilità ed invalidità.
E’ stata la rivista Espresso a denunciare per prima il fatto ed ovviamente le polemiche si sono scatenate sia da parte della popolazione comune che per ciò che concerne la politica. La quale non solo ha richiesto l’intervento del Governo ma ha deciso di portare il caso in Parlamento. Sebbene il ministero della Salute abbia precisato che “non esiste alcuna classificazione come patologia di qualsivoglia orientamento sessuale”, rimane il fatto che ciò che è stato rilevato è grave e necessiti al più presto di una correzione.
Citiamo dall’anticipazione dell’articolo che uscirà domani in edicola:
Quella patologia, ormai scomparsa da anni nell’elenco in vigore nella comunità internazionale era sfuggita perfino ai dirigenti ministeriali. Una drammatica svista? No, un incredibile ritardo nell’adeguamento della modulistica italiana agli standard internazionali, che non prevedono più il riferimento al lesbismo, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie nel 1993.
Il “lesbismo egodistonico” è tuttora classificato come malattia all’interno del decreto di legge inerente le malattie ufficiali riconosciute dal Ministero, che sottolinea come la “patologia” in questione, indicata nel modulo, è espressa dall’Oms nel contestualizzare la situazione in cui “l’identità di genere o la preferenza sessuale non è in dubbio, ma l’individuo desidererebbe che fosse diversa a causa di disordini psicologici e del comportamento associati”.
Il ministro della Salute Renato Balduzzi spiega:
Il Dipartimento della Salute del Governo americano ha predisposto l’adozione della nuova classificazione, denominata ICD-10-CM, che entrerà in vigore il 1o ottobre 2013. L’iter italiano di aggiornamento, quindi, sta avvenendo secondo la tempistica ordinaria e senza alcun ritardo burocratico.
Ciò non toglie che l’intera situazione stia scatenando una bruttura sociale necessaria da appianare al più presto, come ad ogni modo assicurato sia dal ministro del lavoro che da Balduzzi stesso.
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