Il record-man giamaicano Usain Bolt, con la sua prestazione alle Olimpiadi, ha scatenato un’ondata di interesse per il limite estremo a cui un essere umano può spingersi in una corsa. Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Applied Physiology offre spunti interessanti sulla biologia e forse anche sul futuro della velocità umana. Le prove di recente pubblicate identificano la variabile critica che impone il limite biologico alla velocità di corsa, ed offre un’idea di quanto i limiti biologici potrebbero essere rinviati al di là delle quasi 28 miglia per ora (45 km/h) raggiunti dalla velocità di Bolt, spingendo fino ad una velocità di 35 o forse addirittura 40 miglia per ora (56-65 km/h).
Il documento è stato redatto da Peter Weyand della Southern Methodist University, Rosalind Sandell e Danille Prime, entrambe della Rice University, e Matthew Bundle dell’Università del Wyoming.
L’opinione prevalente che la velocità è limitata dalla forza con cui gli arti possono colpire la superficie per la spinta, è eminentemente ragionevole. Se si considera che gli atleti d’elite possono applicare le forze di picco di 800-1.000 kg con un singolo arto durante ogni fase dello sprint, è facile credere che i corridori probabilmente operano in prossimità o al limite della forza dei loro muscoli e arti. Tuttavia, i nostri nuovi dati dimostrano chiaramente che questo non è il caso. Nonostante quanto possano essere grandi le forze utilizzate, abbiamo riscontrato che gli arti sono in grado di applicare spinte a terra molto superiori a quelle presenti nel massimo della velocità di avanzamento durante la corsa
ha spiegato Weyand, professore associato di fisiologia e biomeccanica applicata allo SMU a Dallas.
In contrasto con un limite di forza, ciò che i ricercatori hanno rilevato è che il limite critico biologico è imposto dal tempo, in particolare, i periodi molto brevi di tempo a disposizione per applicare la forza a terra, mentre si sprinta. I velocisti, a volte hanno un contatto con il terreno di meno di un decimo di secondo, ed il picco delle forze a terra si verificano in meno di un ventesimo di un secondo dal primo istante in cui il piede viene in contatto con il terreno.
I ricercatori hanno usato una pedana mobile ad alta velocità in grado di raggiungere una velocità superiore alle 40 miglia all’ora (quasi 65 km/h) per acquisire misurazioni precise delle forze applicate alla superficie con ogni passo. I volontari correvano ad alta velocità nelle varie andature. Oltre a completare le tradizionali marce in avanti, i soggetti dovevano anche saltellare su una gamba sola e correre all’indietro alla loro massima velocità possibile sul tapis roulant.
I ricercatori hanno scoperto che le forze applicate a terra mentre i volontari saltellavano su una gamba sola erano superiori a quelle applicate nella corsa del 30% o più, e che le forze generate dai muscoli attivi sono state circa 1,5-2 volte maggiori durante i salti rispetto all’andatura normale. Mentre all’inizio la corsa all’indietro era più lenta, la quantità di forza utilizzata in questo tipo di forza, con il passare del tempo, diventava sempre più simile a quella utilizzata nella corsa in avanti.
I ricercatori hanno concluso affermando che i limiti di velocità sono fissati dai limiti di velocità contrattile delle fibre muscolari stesse, e così la velocità di contrazione delle fibre comportano il limite alla forza che un corridore può applicare, influenzandone così la velocità. In conclusione, non è possibile stabilire una velocità massima raggiungibile dal corpo umano, come ipotizzato in passato (e che Bolt poi ha saputo smentire), ma tutto dipende dalla preparazione atletica e alla capacità muscolare dell’individuo. Ciò significa che in futuro potremmo avere un altro Usain Bolt.
[Fonte: Sciencedaily]