Basterebbero dieci pastiglie l’anno di ecstasy per causare dei danni alla memoria pari a quelli indicatori di una prima fase di demenza. E’ questo il risultato di uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Colonia incentrato sul grado di pericolosità di questa droga. Una risposta alle numerose polemiche a riguardo sorte in Europa.
Nel nostro paese l’uso di ecstasy è fortemente perseguito: questa droga, pericolosa per il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio, non solo rischia di danneggiare la memoria di chi l’assume, ma spesso per via di composizioni chimiche astruse correlate al principio attivo “sballante” diventa il principale fautore del collasso o del decesso di giovani curiosi di provarla e non coscienti dei pericoli.
Per darvi una idea di quale sia il tono del dibattito, vi basterà una piccola nota di colore: mentre vi è chi si oppone con tutte le sue forze sia a parole che a fatti, David Nutt, l’ex capo consulente del settore droga del governo inglese sostiene (e vi ha perso l’incarico per questo, N.d.R.) che assumere “ecstasy è pericoloso quanto andare a cavallo”. Dopo questa breve contestualizzazione torniamo però alla ricerca, concentratasi su un’evidenziazione dei danni.
Già in passato alcuni studi erano stati condotti basandosi sulla ricerca dei danni mnemonici, ma i risultati non erano stati considerati validi perché i ricercatori non sapevano se i volontari avessero già sofferto di problemi di memoria non correlati all’utilizzo di sostanze. Gli scienziati hanno “aggirato” l’ostacolo arruolando 149 volontari che avevano già provato questa droga e che si prevede ripetessero l’assunzione. Su di essi sono stati condotti test specifici sia all’inizio dello studio sia alla sua fine, dopo un anno.
E’ emerso che almeno ventitré giovani tra quelli interpellati sono diventati consumatori abituali di ecstasy con un’assunzione variabile dalle 10 alle 62 pastiglie l’anno. Tutti hanno mostrato segni di deterioramento della memoria episodica, considerato un chiaro sintomo delle prime fasi di demenza. Un problema rilevato anche in coloro che ne avevano assunte meno di “una” al mese.
Commenta Daniel Wagner, coordinatore della ricerca:
Misurando le funzioni cognitive delle persone che non avevano una lunga storia di uso di ecstasy e identificando un anno dopo coloro che ne erano diventati consumatori abituali anche a basso dosaggio e rimisurando le loro prestazioni attraverso test specifici siamo stati in grado di isolare gli effetti dello stupefacente sulle capacità mentali dei volontari. I dati che abbiamo ottenuto sollevano una certa preoccupazione anche sull’uso limitato nella quantità e del tempo dell’MDMA.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Addiction.
Fonte | Addiction
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