La colestasi intraepatica progressiva famigliare è una malattia di tipo genetico la cui espressione è l’interruzione del flusso biliare dal fegato all’intestino. In questo caso la bile, invece di essere eliminata, permane nel fegato intossicandolo e indebolendolo fino a rendere necessario un trapianto di organo. Un gruppo di ricercatori italiani ha messo a punto un sensore capace di diminuire la concentrazione di acidi biliari.
Lo studio, finanziato da Telethon e condotto dagli scienziati del Consorzio Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro e dell’Università Aldo Moro di Bari guidati dal dott. Antonio Moschetta, ha dimostrato come questa piccola invenzione possa essere in grado di combattere adeguatamente i danni che questa patologia apporta all’organismo. Pubblicata nel numero di febbraio della rivista di settore Gastroenterology, la ricerca potrebbe rappresentare un punto di partenza per la progressione della forte incidenza di cancro al fegato spesso conseguente al normale percorso di peggioramento della malattia.
Ricordiamo cosa sono gli acidi biliari. Essi sono la sostanza principale di composizione della bile e vengono normalmente prodotti dal fegato per sciogliere i grassi ingeriti attraverso l’alimentazione. Una volta prodotti essi fluiscono naturalmente per l’intestino per permettere la digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive.
Nelle persone affette da colestasi intraepatica progressiva familiare tutto ciò non è possibile ed al malfunzionamento si aggiungono, come già anticipato, delle conseguenze gravi da gestire.
Spiega il dott. Moschetta:
In condizioni non patologiche, il flusso di bile è regolato dalla quantità di grassi ingeriti con la dieta. All’interno delle cellule sono presenti dei “sensori molecolari” che, in presenza di grassi, si attivano e si legano al Dna, determinando così l’accensione o lo spegnimento di specifici geni.
Il tutto funziona grazie ad un equilibrio perfetto dato dal lavoro concatenato di una specifica proteina (Fxr) e la sua stimolazione di un ormone che attraverso il sangue da i giusti segnali per la produzione e la sintesi degli acidi biliari.
Nella colestasi, l’interruzione del flusso di bile dal fegato all’intestino fa perdere questo controllo ormonale.
Lo studio, condotto su modello animale ha dimostrato che attivando nell’intestino la proteina Fxr, è possibile ridurre fino al 50% la quantità degli acidi biliari nel fegato. Attraverso un sensore messo a punto appositamente. Conclude il ricercatore:
I risultati suggeriscono che accendendo Fxr nell’intestino attraverso specifici farmaci si può promuovere l’eliminazione degli acidi biliari nel fegato dei pazienti affetti da colestasi, proteggendoli così dal danno epatico e ritardando, se non evitando, la necessità di trapianto di fegato.
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Fonte: Gastroenterology