Hospice non è ospedale, ma luogo dove ai malati di tumore più gravi viene alleviata sofferenza fisica e psicologica, grazie ad una scienza poco nota: la medicina palliativa. Anche i familiari trovano sostegno gratuito come le cure, poiché si tratta di strutture pubbliche o convenzionate. Per gli ammalati a cui viene detto “non c’è più niente da fare”. L’idea fu di un’infermiera inglese, negli anni ‘6o, Cecily Sauders.
Un modello sul quale l’Italia è indietro. Mentre in Inghilterra esistono almeno 400 Hospice, da noi sono meno di uno per regione. Se ne è parlato il 6 aprile a Bentivoglio (BO) presso un Hospice di cui si può andar fieri, realizzato in onore di Maria Teresa Chiantore Serapoli, grazie alla Fondazione Seragnoli e all’Asl. Ho letto il libro “Camici e pigiami” quattro anni fa, nel pieno della delusione dei miei studi post laurea, disgustata dall’ambiente universitario in cui ero costretta a non apprendere il mio futuro mestiere, sconvolta dalla maggior parte dei docenti dell’incapacità di ascoltare il malato .
Mi sembrava impossibile che un collega avesse descritto esattamente quello che accadeva nella mia università. Forse è tardi, ma volevo ringraziare a nome di quelli che non hanno il coraggio di farlo. La passione per il nostro lavoro, volto onestamente, è contagiosa. Francesca C., di Roma . Ne sono convinta. La maggioranza silenziosa di medici coscienziosi, scesi in piazza, non sopporterà più una Facoltà di Medicina “in fase terminale“, né la mutazione del medico in ragioniere o commerciante.
Chi ha deciso di mutare, perseguendo interessi o vocazione, si tolga il camice bianco dì dosso e vada a fare ciò che ha scelto di fare. Lasci ai medici il compito di curare i malati secondo scienza e, soprattutto, coscienza e curi sopratutto i malati fino all’ultimo, in quanto portatori di una dignità che è e sarà sempre inviolata in quanto diritto della persona.