La riabilitazione dall’ictus passa anche per la stimolazione magnetica transcranica. Agire direttamente sul cervello con dei piccoli campi magnetici creati appositamente porterebbe ad un recupero maggiore delle disabilità.
E’ uno studio appena conclusosi negli Stati Uniti presso il Georgetown University Medical Center di Washington su 30 pazienti. I risultati, apparsi molto interessanti, sono stati presentati all’annuale congresso della Society for Neuroscience di Chicago. Nello specifico la sperimentazione ha riguardati pazienti reduci da ictus e affetti da una grave disabilità ad uno degli arti superiori. Gli scienziati hanno voluto esplorare quali potessero essere gli effetti della stimolazione magnetica transcranica in tale contesto. Ricordiamo in cosa consiste questa procedura: si appoggia sullo scalpo una sonda che creando un campo magnetico, stimola la corteccia cerebrale.
Questa pratica è attualmente approvata dalla FDA solo per la cura della depressione resistente ai farmaci e non di rado utilizzata sperimentalmente per sondare le sue capacità curative nei confronti di altre malattie neurologiche. I ricercatori hanno stimolato parti del cervello sane, senza segni del ictus avvenuto ed hanno riscontrato dei miglioramenti nel braccio colpito. L’ipotesi degli esperti è quella che la stimolazione magnetica transcranica riesca in qualche modo a “dirottare” le capacità delle parti dell’encefalo in salute dando modo a quelle che regolano il movimento degli arti superiori, malate, di poter funzionare in parte.
Ovviamente saranno necessari altri test per provare senza ombra di dubbio questa ipotesi. Quel che si è notato finora è che i pazienti trattati hanno sperimentato un miglioramento della loro condizione. E’ necessario ricordare che per ciò che concerne i sintomi dell’ictus, saperli riconoscere ed agire immediatamente spesso fa la differenza tra un ripresa completa e la disabilità o, ancor di più, tra la vita e la morte.
A tal proposito la ricerca medica in Italia sta lavorando su un farmaco in grado di essere efficace fino a 6 ore dopo l’ictus, proteggendo la persona almeno dal 50% del danno neuronale: in tal senso lo studio su modello animale dell’Istituto Mario Negri di Milano e del NICO di Torino ha dato buone speranze.
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