Essere bambino ed essere affetto da una malattia cronica è molto difficile. Non solo perché spesso la diagnosi della patologia in questione arriva sempre in ritardo di anni rispetto ad una sua reale utilità, ma soprattutto perché spesso e volentieri l’assistenza è estremamente carente. Lo spiega, senza peli sulla lingua, il rapporto “Minori: diritti rari, costi cronici“, realizzato dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici, promossa da Cittadinanza attiva.
Una sorta di compendio di tutte le segnalazioni giunte da parte di semplici cittadini e dagli operatori del settore. Al quadro generale, spesso si aggiunge la difficoltà di trovare un valido sostegno medico specialistico e la difficoltà del bambino dell’adeguarsi alla vita di tutti i giorni anche a causa della “diversità” che in qualche modo, soprattutto nel contesto scolastico viene a pesare.
Quando si parla di malattie croniche si pensa subito agli anziani. Non è così: vi sono dei bambini che soffrono fin dalla nascita di malattie congenite e rare, di particolari allergie o patologie croniche. Come spiega la presidente del Coordinamento Maddalena Pelagalli:
Di solito, quando si parla di malattie croniche si pensa agli anziani, ma anche i bambini soffrono di diabete, asma, malattie allergiche, reumatiche o rare. Pediatri e medici di famiglia, però, non abituati alla cronicità infantile, spesso sono poco informati sulle specifiche patologie e così inviano tardi il paziente dallo specialista o ai centri di riferimento, peraltro carenti in alcune regioni o, a volte, esistenti solo sulla carta.
Un problema che si riflette, sottolineano, anche in caso di ricovero, dove il bambino difficilmente viene ricoverato in reparti specialistici o pediatrici, come sarebbe più ovvio che accadesse. Senza contare la mancanza di supporto psicologico, davvero inaccettabile se si parla di un minore.
Con la dimissione eventuale da una struttura, non si esauriscono i problemi: l’assistenza all’esterno è carente e la famiglia è costretta a farsi carico di tutto ciò che il sistema non copre. Continua la presidente:
È la famiglia a farsi carico di quel che il Servizio sanitario non sempre garantisce, a partire dalla riabilitazione Alcune Regioni, soprattutto quelle con piani di rientro, sta introducendo ticket e quote di compartecipazione alle rette di degenza. Ma per un bambino con distrofia di Duchenne, per esempio, l’interruzione del ciclo riabilitativo può provocare danni: i genitori, quindi, sono costretti a pagare per assicurare la continuità delle cure.
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Fonte: Corriere della Sera