La depressione colpisce di più le donne che lavorano. Specialmente se precarie. Ad indicarcelo è una indagine condotta a livello europeo in materia, che ha coinvolto nell’analisi circa 7mila italiani e 57mila persone tra Francia, Regno Unito e Spagna. Lo scopo di tutto ciò era comprendere appieno dove e come questo malessere psicologico colpisse attualmente, al fine di mettere a punto degli approcci terapeutici migliori.
E l’identikit del malato medio che se ne ricava è quello di una donna, spesso precaria e quindi super-lavoratrice per sbarcare il lunario. E’ lei quella chiamata sempre di più a fare i conti con il male oscuro della depressione. Il quadro generale riguardante il nostro paese non lascia però al di fuori della stima anche i lavoratori di sesso maschile.
Analizzando i dati ci si rende conto che almeno un italiano su dieci ha convissuto con questa patologia nel corso dell’ultimo anno. Un “sintomo” che seppur non positivo non è da acquisire come negativo: la media di persone colpite da questa malattia psicologica è più o meno la stessa. Di differente c’è l’approccio alla depressione da parte dei lavoratori del settore, il quale consente loro di diagnosticarla con più facilità rispetto al passato.
Ad influire molto sulla salute delle donne in questo caso è la necessità di rimanere al passo con il grado di competitività che “affligge” la società contemporanea: la necessità di dare sempre molto e di mantenere le prestazioni costantemente elevate è in grado, secondo gli psicologi, di far emergere anche i sintomi di depressione più lievi.
Già negli scorsi mesi gli scienziati hanno evidenziato come lavorare più di undici ore al giorno possa portare la persona a raddoppiare le probabilità di ammalarsi. Questo avviene per il maggiore stress al quale le persone sono sottoposte. Nel caso delle donne la mancanza di “distacco” tra lavoro e casa ovviamente influisce di più sull’incidenza della depressione.
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