Malattie autoimmuni: tra di loro figurano delle patologie come l’artrite reumatoide, il lupus. Tutti “disturbi” davvero complessi da affrontare perché quasi mai impossibili da guarire del tutto. Spesso e volentieri combatterli significa solo evitare il progredire della malattia e fornire sostegno contro il dolore cronico che li caratterizza. Ora da una pianta cinese potrebbe arrivare un valido aiuto.
Si parla nello specifico di una pianta cinese dalla quale, da oltre duemila anni si ricava un estratto che cura la malaria e che ora, potrebbe trovare altrettanta efficacia nell’approcciare le malattie autoimmuni. L’estratto di questa pianta è conosciuto sotto il nome di Chang Shang e viene ricavato da un particolare tipo di ortensia presente in Tibet ed in Nepal.
Prima di questa scoperta, alcuni studiosi avevano già focalizzato la loro attenzione su questo vegetale, suggerendo che un composto derivato da “un ingrediente bioattivo dell’estratto”, l’alofuginone (Hf), poteva essere utile per trattare questo tipo di malattie. Gli scienziati della Harvard School of Dental Medicine hanno perfezionato la ricerca, scoprendo definitivamente i “segreti” nascosti della pianta a livello molecolare.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Nature Chemical Biology ed illustra come l’alofuginone sopra citato sia in grado di innescare una risposta capace di “bloccare” una classe pericolosa di cellule immunitarie, dal nome Th17 coinvolte in molte malattie autoimmune. Spiega il ricercatore Malcolm Withman, tra gli autori:
L’Hf previene la risposta autoimmune senza danneggiare la normale attività immunitaria. Il potrebbe ispirare nuovi approcci terapeutici per una varietà di malattie autoimmuni.
Conclude Tracy Keller, tra i coordinatori:
Questo studio è un esempio interessante per capire come il meccanismo molecolare dietro una pratica della medicina erboristica tradizionale cinese possa portare a nuove intuizioni sui meccanismi umani di regolazione fisiologica e a nuovi approcci nei trattamenti delle malattie.
Partendo da questo principio attivo, anche se ci vorrà del tempo, sarà possibile mettere a punto delle terapie funzionali e funzionanti.
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Fonte: Nature Chemical Biology