Ameba “mangia cervello”: non vi è migliore descrizione per il microrganismo alla base della meningoencefalite amebica primaria, un’infezione in grado di portare alla morte nel giro di una settimana coloro che ne vengono colpiti. Si tratta di una patologia rara e quella che vogliamo raccontarvi oggi è la storia di una delle poche persone sopravvissute a questa malattia.
SI tratta di Kali Hardig, una bambina di dodici anni infettatasi a luglio nuotando nelle acque del parco acquatico Willow Springs Water Park di Little Rock, in Arkansas. Si tratta del secondo caso di infezione da Naegleria fowleri riscontrato in quel luogo, che finalmente ha portato alla sua chiusura ed ad una necessaria bonifica del sito. La particolarità di questa ameba dalle misure infinitesimali è quella di riuscire ad arrivare al cervello attraverso il naso e mangiare “letteralmente” le sue cellule. Essa di solito prolifica maggiormente quando l’acqua è calda e la temperatura ambientale è umida. Se ingerita, l’acqua contaminata da Naegleria fowleri non apporta problemi, è solo passando attraverso il canale nasale che l’ameba assicura la sua sopravvivenza risalendo lungo il nervo olfattivo, fino ad arrivare, come già spiegato, al nostro encefalo dove trova le condizioni per moltiplicarsi in maniera rapida.
Il danno cagionato dipende proprio dal suo nutrirsi del tessuto nervoso. La fortuna della piccola Kali Hardig è stata il poter contare su una madre attenta che l’ha portata immediatamente in ospedale al primo comparire di febbre alta , mal di testa e vomito ed alla competenza dei medici che sono stati in grado, grazie alle informazioni ricevute, di comprendere che si trattava della ameba “mangia cervello” e quindi di meningoencefalite amebica primaria. Alla bambina è stato indotto il coma, le è stata abbassata la temperatura corporea ed è stata sottoposta ad una cura sperimentale che sembra però avere avuto il suo effetto. Certo, la ragazzina è tutt’altro che considerabile guarita: è ancora nel reparto di terapia intensiva, ma i medici sono ottimisti. Sebbene i danni al cervello riportati debbano essere ancora quantificati, la piccola è vigile, riesce a scrivere il suo nome e sembra fare piccoli miglioramenti ogni giorno che passa, anche se ancora non riesce a parlare. Su 128 persone colpite in America a questa malattia nel corso degli anni dal 1960 ad oggi, Kali è la terza sopravvissuta.
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