Gli ospedali pubblici della Grecia, da ieri, non ricevono più dalla Merck (il più antico colosso della farmaceutica al mondo ed uno dei più grandi) un prezioso farmaco antitumorale commercialmente noto come Erbitux (il cui principio attivo è il cetuximab, un anticorpo monoclonale). Questo perché i debiti accumulati al riguardo dal Servizio Sanitario Nazionale greco sono troppo onerosi, anche per una potente casa farmaceutica come la Merck. La crisi economica ed il rischio di fallimento della Grecia, arriverebbe a coinvolgere l’azienda che vanta debiti altissimi e da troppo tempo.
Erano stati accettati nel passato anche dei titoli di stato che però con l’andare delle cose, come noto, hanno perso di valore. L’Erbitux/Cetuximab serve per trattare i tumori del colon – retto ed anche per più rare forme di cancro della testa e del collo. E’ tra i farmaci più venduti della Merck, con un ricavo annuale di oltre 855 milioni di euro. Chiaramente il medicinale rimarrà in commercio, ma non per il SSN: i pazienti potranno acquistarlo direttamente, privatamente, pagando in contanti. Peccato che per la maggior parte di loro sarà pressoché impossibile, vista la situazione economica generale ed il costo alto dei farmaci antitumorali. Insomma il diritto alla salute viene negato, soprattutto anche in caso di malattie gravi come un tumore al colon, già difficile da curare.
E la questione etica non può essere rimessa esclusivamente nelle mani di una azienda farmaceutica. Questa infatti, col suo cuore operativo in Germania, come tutti, ha risentito della crisi economica dell’euro ed ha già annunciato un taglio della forza lavoro di circa il 10% entro il 2015. Il fatto inoltre non è nuovo e men che meno univoco: ovvero altre case farmaceutiche hanno fatto lo stesso anche in altri Paesi europei, Italia compresa, solo con aspetti meno eclatanti perché non si è trattato di farmaci antitumorali. E’ un caso emblematico che ci tocca tutti da vicino. Troppo. La Federazione delle imprese farmaceutiche in Europa ha offerto al governo greco una soluzione: il pagamento di una parte dei debiti e la garanzia di non accumularne altri. Ora spetta alla Grecia.
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Fonte: Corriere della Sera