Alla fine l’ha spuntata il metodo Stamina. La sua possibilità di applicazione è diventata legge grazie all’ultimo passaggio al Senato. Chi è in cura con questo metodo può continuare le terapie e le cellule staminali in questione saranno sottoposte ad una sperimentazione di 18 mesi come auspicato dal Ministero della salute.
Il decreto è divenuto legge, salvo qualche modifica subita alla Camera, quasi all’unanimità e porta il metodo Stamina ad essere equiparato ad un “medicinale” e quindi essere posto sotto il controllo e le regole dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Il direttore della fondazione Stamina Davide Vannoni ha assicurato la sua disponibilità a collaborare alla sperimentazione a patto che non vengano cambiate le metodologie alle sue basi.
Insomma, il problema ora riguarderà il trovare un punto di accordo tra il metodo ed i paletti imposti dalla comunità scientifica. In realtà il “problema” è uno solo, ovvero quello della procedura di preparazione delle cellule staminali che secondo la legge vigente dovrebbe avvenire in GMP (Good Manufacturing Practicies) e non in GLP (Good Laboratory Practice). Due protocolli simili ma diversi che esprimono due tipologie di approccio di creazione e conservazione delle cellule. Ad ogni modo, un osservatorio formato da esperti e familiari dei pazienti sarà istituito affinché tutto possa scorre senza intoppi.
Va ammesso che rispetto alla “lotta” che ci si aspettava sul decreto, la sua approvazione è filata abbastanza liscia, senza troppe problematiche e con una certa velocità dalla politica che, almeno per una volta, sembra essersi voluta schierare dalla parte del paziente senza porsi troppo problemi di ordine etico nelle sperimentazioni. Va da sé che se il trattamento risulterà davvero efficace, molti pazienti bisognosi potranno avvalersi di una cura ideale e funzionale senza dover ricorrere, come nel caso della piccola Celeste e di tanti altri, alla decisione di un tribunale. Tre milioni di euro in un periodo di crisi sono molti: ma se la cura Stamina dovesse raccogliere la validità scientifica da tutti auspicata, molte cose cambierebbero nell’approccio a malattie come la Sla, con un cospicuo risparmio da parte del Sistema Sanitario Nazionale ed una possibilità di miglioramento o guarigione più tangibili per i malati.
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