Uno dei settori che negli ultimi trent’anni si è imposto come fiore all’occhiello dell’industria hi-tech è quello delle biotecnologie. In linea di principio, questo termine include una moltitudine di tecniche mutuate dalla biologia molecolare e cellulare, in pratica, nell’accezione più comune, le biotecnologie finiscono per essere quasi sempre identificate soltanto con le procedure che consentono di manipolare il genoma (il DNA) di qualsiasi organismo e che vanno sotto il nome di ingegneria genetica.
Nell’area delle scienze mediche gli sviluppi dell’ingegneria genetica con le ripercussioni pratiche più consistenti sono quelli che mirano a ottimizzare le possibilità di prevenzione e di cura delle malattie: la produzione di farmaci biotech e la terapia genica. Al momento, a poter vantare il maggior numero di successi sul piano applicativo è sicuramente il primo settore. Tradizionalmente, i farmaci utilizzati per curare le malattie sono ottenuti grazie a protocolli di sintesi chimica oppure mediante processi di estrazione di principi attivi generati spontaneamente da piante e da altri organismi.
I metodi dell’ingegneria genetica consentono di isolare i geni umani contenenti le istruzioni per la sintesi delle molecole proteiche. Il loro trapianto all’interno di organismi piú semplici (batteri o funghi) che possono produrle autonomamente, offre nuove opportunità nella cura di questo tipo di malattie. In pratica, i microrganismi geneticamente modificati attraverso l’introduzione di geni umani diventano vere e proprie fabbriche (dette in gergo tecnico bioreattori) di quelle stesse sostanze che negli individui malati sono deficitarie.
Il loro DNA, che a questo punto è composto di sequenze originate da organismi diversi, viene definito DNA ricombinante. I vantaggi delle tecniche del DNA ricombinante rispetto ai sistemi di produzione tradizionali sembrano convincenti: le proteine così ottenute sono disponibili in quantità pressoché illimitata e in tempi estremamente rapidi e, inoltre, corrispondono a quelle prodotte in condizioni normali dall’organismo, cosicché non comportano il rischio di reazioni avverse. Esistono naturalmente molti composti di interesse farmacologico che possono essere prodotti con l’ingegneria genetica. Basti pensare che circa la metà delle nuove molecole proteiche utilizzate a scopo terapeutico sono il risultato dell’ingegneria genetica e che 200 (delle quali il 40 per cento viene prescritto in oncologia) sono quelle già in commercio.
Tra queste ci sono vari tipi di ormoni, come per esempio l’ormone della crescita, responsabile dello sviluppo corporeo, e l’ormone follicolo-stimolante, regolatore dei principali eventi del ciclo riproduttivo, che sono normalmente prodotti dall’ipofisi. Altre sostanze di grande importanza prodotte per via ricombinante sono: l’interferone, che può essere impiegato nella cura delle leucemie e di alcune malattie epatiche; le interleuchine, usate come coadiuvanti nelle terapie antitumorali; i fattori di stimolo delle colonie di granulociti, anche questi di grande aiuto nei soggetti malati di tumore; l’eritropoietina, fondamentale per fronteggiare l’anemia; i fattori della coagulazione, essenziali per i malati di emofilia; la dienneasi (DNAsi) attiva contro la fibrosi cistica; gli anticorpi monocionaii efficaci in oncologia e in altri contesti clinici.
Fonte http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Marzo_2009/Scienza.pdf