La febbre della valle o Valley fever nota anche come coccidiomicosi è un’infezione di tipo fungino che sempre di più sta diventando una minaccia in molte zone del globo.
Febbre della valle diffusa negli Stati Uniti
Si tratta di una patologia endemica in particolare nelle regioni sud occidentali degli Stati Uniti e del Messico nonché in parte dell’America centrale. Una malattia spesso diffusa vicino a luoghi desertici. Secondo le ultime stime del Centers for disease control and Prevention (CDC) americano, nel 2019, sono stati oltre 20.000 i casi. Concentrati maggiormente in Arizona e California.
Perché stiamo parlando ora di una malattia come la coccidiomicosi o febbre della valle? Perché uno studio recentemente condotto ha scoperto che per via dei cambiamenti climatici i funghi che causano questo problema hanno raggiunto zone considerate in precedenza inadatte alla loro sopravvivenza. Questo ovviamente ha portato a una crescita dei casi di febbre della valle anche in quelle aree.
I sintomi di questa malattia inizialmente possono essere lievi e corrispondere a tosse, febbre, affaticamento ed eruzioni cutanee. In alcuni casi può raggiungere anche i polmoni e il cervello, le ossa, il midollo spinale e le articolazioni. Può quindi trasformarsi in una malattia invalidante. Di solito la febbre della valle è asintomatica sebbene i sintomi possano presentarsi entro tre settimane dall’esposizione.
Nel 5%-10% dei casi può dar vita a delle forme gravi di polmonite o colpire altre parti del corpo dando vita a un’infezione complessa da curare.
Spore dei funghi pericolosi e resistenti
La coccidiomicosi non si trasmette normalmente da persona a persona ma viene causata dalle spore dei funghi del genere coccidiodes. Due di loro in particolare proliferano in Arizona e in California all’interno del suolo, portando alla rottura delle ife nei momenti di siccità. Ciò porta le spore a essere purtroppo inalate dalle persone.
L’infezione deve essere trattata con farmaci antimicotici come l’itraconazolo e il fluconazolo. Si tratta di una malattia che nelle due regioni degli Stati Uniti sopra citate colpisce in particolare i prigionieri detenuti nelle carceri statali. Diversi focolai sono stati registrati negli anni al loro interno. Per le conseguenze che può lasciare sull’organismo questa malattia, l’allarme che lanciano gli autori dello studio in questione è giustificato.
Hanno infatti calcolato che già entro il 2035 vi sarà un aumento sensibile dei casi, arrivando a fine secolo ad almeno metà negli stati americani a essere endemici. Vi sarà bisogno di analizzare al meglio la situazione per poter non solo tentare di bloccare la diffusione dei funghi, ma anche essere in grado di eseguire diagnosi precoci al fine di curare la malattia dell’immediato.