Ancora diciotto nuovi casi di positività alla tubercolosi nei neonati venuti a contatto con l’infermiera ammalatasi della patologia e in servizio presso il Policlinico Agostino gemelli di Roma. Sale così a 52 il numero dei bambini venuti a contatto con il batterio. Al momento nessuno di loro ha sviluppato la malattia e degli screening approfonditi sono in corso per dare il via alla profilassi antibiotica necessaria. Nel frattempo un nuovo particolare emerge: il marito della donna sarebbe stato malato di tubercolosi nel 2004.
Al momento è pari a 917 il numero delle visite effettuate sui bambini e la media di contagio pari al 7,13% rientra in quel 10% paventato nei primi giorni di controllo. I nuovi bambini risultati positivi sono nati rispettivamente: 5 nel mese di febbraio, 2 nel mese di Marzo, 2 nel mese Aprile, 3 nel mese di Maggio, 5 nel mese di Giugno e 1 nel mese di Luglio .
E se la situazione, almeno dal punto di vista medico secondo l’unità di controllo è ancora pienamente gestibile, novità ulteriori arrivano da un esposto presentato dal Codacons, dal quale si evince che il marito dell’infermiera avrebbe sviluppato la malattia nel 2004. Un fattore questo totalmente estraneo ai sanitari del nosocomio romano che da parte loro, secondo l’esposto, avrebbero peccato di leggerezza, essendo impossibile, se fossero stati effettuati i controlli necessari ogni anno, non rendersi conto di un avvenuto contagio.
Non bisogna infatti dimenticare che sebbene abbia un periodo di incubazione lungo quasi un decennio, la presenza del batterio della tbc, come la cronaca stessa ci insegna, è rilevabile attraverso un semplice test. E sebbene sia giusto che il Codacons chieda ulteriori chiarimenti sul comportamento dell’ospedale capitolino, appare assurda la richiesta di rendere note le generalità dell’infermiera e di suo marito. Si scatenerebbe una caccia all’untore che appare davvero fuori luogo in tale contesto. Soprattutto in virtù del fatto che si scatenerebbe una inutile psicosi nella popolazione.
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