Frontiere aperte per l’assistenza sanitaria in Europa. È l’obiettivo della proposta di direttiva sulle cure all’estero, che ha ricevuto il primo sì di Bruxelles lo scorso luglio. Una proposta che prima di riuscire a ottenere il via libera è stata annunciata e rinviata numerose volte e la cui effettiva applicazione appare ancora lontana nel tempo. A spaventare gli Stati nazionali sono innanzitutto i costi derivanti dai rimborsi per l’assistenza sanitaria transfrontaliera.
La direttiva prevede che i cittadini comunitari che si fanno curare in uno Stato membro diverso da quello di provenienza hanno diritto al risarcimento dei costi sostenuti per le cure, fino alla copertura dell’importo che sarebbe stato speso nel Paese di origine. Ma quale sarà l’impatto sulle casse dei sistemi sanitari nazionali? Una prima valutazione d’impatto è stata tracciata in un documento di lavoro predisposto dalla Commissione Ue.
La relazione descrive cinque opzioni di intervento comunitario per migliorare l’assistenza transfrontaliera: si va dal non intervento (opzione 1) ad un quadro giuridico particolareggiato (opzione 4).
Nell’analisi sono stati valutati i costi di cura, i benefici (che crescono parallelamente all’aumento delle possibilità di farsi curare all’estero), i costi di adeguamento alla normativa (costi di compliance), le spese amministrative e i benefici sociali. Con la prima opzione permangono i problemi attuali: in linea di principio il diritto al rimborso per le cure ricevute all’estero viene riconosciuto mediante l’applicazione diretta dei princìpi della libera circolazione. Tuttavia l’esercizio concreto di questi diritti risulta problematico senza un’azione a livello comunitario.
La seconda opzione fa riferimento alla presenza di orientamenti forniti dalla Commissione sul tema, in un quadro in cui però non esistono misure legislative vincolanti. In sostanza la Commissione pubblicherebbe una comunicazione interpretativa sulle implicazioni delle sentenze della Corte di giustizia europea. È evidente un miglioramento nel rapporto costi-benefici rispetto all’opzione precedente, di certo non sufficiente a rendere conveniente da un punto di vista economico l’ipotesi.
La terza opzione, eventualmente associata agli interventi non vincolanti della seconda, prevede gli effetti dell’introduzione, attraverso una direttiva, di un quadro giuridico generale in questa materia, tale da chiarire i diritti relativi ai rimborsi e di istituire un obbligo generale di informazione per i cittadini da parte degli Stati membri sul tema. Secondo il documento con questa ipotesi sia i Paesi di partenza che quelli di destinazione trarranno vantaggi.
Infine, la quarta opzione prevede l’introduzione di norme giuridiche particolareggiate a livello europeo. In questo caso la Commissione proporrebbe un quadro dettagliato per l’ armonizzazione delle misure legislative su temi quali l’informazione dei pazienti, gli standard di qualità, il risarcimento dei danni. La soluzione, oltre a compromettere il principio di sussidiarietà, produrrebbe ingenti oneri amministrativi aggiuntivi.