L’eritropoietina, conosciuta comunemente sotto il nome di Epo, è sempre salita agli onori della cronaca per essere stata utilizzata per lungo tempo come un farmaco dopante nel le attività agonistiche calcistiche. Ora potrebbe trovare una collocazione decisamente migliore e più alta rallentando la progressione della Sla, la sclerosi laterale amiotrofica ed i suoi sintomi. E’ questo lo studio facente parte del progetto Eposs dell’Istituto neurologico Besta di Milano, una delle iniziative di ricerche finanziate dall’Arisla, Fondazione italiana per la ricerca sulla sla.Il progetto, già ventilato lo scorso maggio, trova finalmente sbocco ufficiale grazie all’arrivo dei fondi necessari. Questa patologia, attualmente priva di cure risolutive non solo inficia in maniera costante le condizioni di vita delle persone colpite ma porta ad una progressiva morte.
Come spiega Giulio Pompilio, il direttore scientifico dell’Arisla:
Questo studio testerà l’epo su un gruppo di 50 pazienti per stabilire la tollerabilità e il dosaggio giusto, in modo da stimare l’eventuale efficacia del farmaco.
L’idea di utilizzare l’ormone dell’epo, in grado di aumentare il numero dei globuli rossi contenuti nel sangue nasce da studi pregressi che avevano sottolineato come la sostanza fosse in grado di proteggere i neuroni dal processo, tipico, di degenerazione relativo alla patologua. Tra gli obiettivi perseguiti dallo studio del Besta, quello di fare chiarezza sui meccanismi molecolari che regolano l’effetto terapeutico di questo ormone sintetico, ed individuare quelli che sono gli indicatori di progressione della malattia, da utilizzare come biomarcatori.
Si tratta di uno degli studi finanziati dalla Fondazione: l’altro sul quale l’attenzione si è focalizzata con particolare veemenza riguarda l’impianto nel midollo spinale di “cellule staminali ringiovanite”, ovvero modificate in laboratorio fino al raggiungimento delle caratteristiche tipicamente embrionali.
Commenta ancora Pompilio:
L’idea è di studiare in laboratorio il processo degenerativo del motoneurone nella sla, perché farlo direttamente nei pazienti è impossibile. In laboratorio si potranno così ricreare i motoneuroni malati facendoli derivare direttamente dai malati di sla, vedere cosa succede alle cellule e se le staminali neuronali da Ips, ottenute dai tessuti di persone sane, possono aiutare ed essere efficaci dopo trapianto.
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