Lo studio del dna, specialmente nel caso di patologie come l’Hiv ed il cancro, acquisisce una importanza davvero basilare al fine di raggiungere una strada sicura verso una efficace terapia. Una squadra internazionale di ricercatori dell’Università di Santa Barbara e dell’Università di Roma Tor Vergata hanno messo a punto una strategia per migliorare le prestazioni dei marcatori di rilevazione del genoma attraverso dei nuovi biosensori.
I risultati raggiunti potrebbero rappresentare un importante punto di partenza per migliorare gli approcci della medicina alle diverse malattie. Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore Journal of American Chemical Society punta tutto sui marcatori molecolari contenuti nel sangue. Gli scienziati, ormai da tempo basano il loro lavoro sulle biomolecole ed il loro comportamento per scovarli ed è proprio attraverso la ricostruzione dei “passaggi” che gli stessi vivono in base alla presenza o meno di particolare patologie che sono in grado di scovare queste ultime e mettere a punto delle soluzioni di tipo farmacologico.
Pensate a quanto sarebbe “comodo” riuscire ad abbattere i tempi di rilevazione di possibili cure contro l’Hiv, il cancro o addirittura il diabete. Come spiega il dott. Kevin W. Plaxco, coordinatore della ricerca, rimarcando sulla epoca “flessibilità” degli attuali marcatori:
Questa gamma dinamica fissa complica, o addirittura esclude, l’utilizzo di biosensori in molte applicazioni. Per monitorare la progressione dell’Hiv e fornire il farmaco appropriato, i medici hanno per esempio bisogno di misurare i livelli di virus nel corso di cinque ordini di grandezza. Gli attuali biosensori non permettono di farlo.
Il fattore più interessante dell’intera ricerca è che tutto è nato dalla semplice osservazione della natura e dalla ricostruzione di determinati processi. Combinando infatti tutta una serie di segnali “copiati” dalla natura su una molecola, è stato possibile creare dei “sensori sintonizzati” in modo differente sul dna, riuscendo ad andare più a fondo nella sua analisi.
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Fonte: JACST