Il Parkinson è attualmente una delle malattie neurodegenerative più invalidanti per l’uomo. Si tratta di una delle patologie sulle quali gli sforzi della ricerca scientifica sono più concentrati.
L’ospedale Regina Elena di Roma da il suo contributo in tal senso: è infatti partita la messa in atto della stimolazione cerebrale profonda. Si tratta di una tecnica in grado di offrire risultati apprezzabili anche sui pazienti per i quali la terapia farmacologica sembra non avere più effetto.
Il Dipartimento di Neuroscienze del nosocomio è stato scelto per la sua consolidata esperienza nella chirurgia stereostassica dei tumori cerebrali, ovvero la capacità, attraverso un casco speciale collegato al cranio del paziente, di riprodurre i dati anatomici dello stesso con estrema precisione al fine di calcolare perfettamente la posizione del tumore per la sua estirpazione o per una biopsia.
Nel caso della sperimentazione relativa la morbo di Parkinson, la tecnica applicata consiste nell’impianto, all’interno del cervello in una piccola area del talamo o dei gangli alla base dell’encefalo, di in elettrodo collegato ad un pacemaker.
La stimolazione elettrica indotta sulla zona del cervello nella quale è possibile riscontrare i circuiti del movimento, aiuterebbero a controllare i sintomi della malattia, ed a ridurre l’apporto di intervento farmacologico nei casi nei quali lo stesso è sconsigliato a causa di spiacevoli effetti collaterali come il disturbo dei movimenti volontario o in caso di alterazioni del comportamento.
Si tratta di una tecnica studiata al fine di limitare l’incidenza dei sintomi: le attuali conoscenze mediche non consentono una cura della malattia, né un rallentamento della sua progressione. I primi impianti sono stati già immessi nei primi pazienti. Spiega il prof. Carmine Carapella, che con il collega Carlo Colosimo, neurologo dell’Università “La Sapienza” ha impiantato i primi pacemaker:
Il primo intervento in assoluto è stato realizzato dal Professor Benabid a Grénoble in Francia oltre 20 anni fa. Da allora molti centri neurochirurgici in Europa e nel resto del mondo hanno adottato questa procedura. In Italia, e in particolar modo nel Centro-sud, non sono ancora molti i Centri in grado di proporre la stimolazione cerebrale profonda come opzione terapeutica e di fornire ai pazienti tutte le valutazioni necessarie nelle fasi pre e post-chirurgiche (cliniche, neuropsicologiche, di imaging).
Continua il luminare:
I risultati ottenuti negli oltre 80.000 pazienti trattati in tutto il mondo ci confermano che la stimolazione cerebrale profonda è un trattamento efficace, sempre se gestito da un’equipe qualificata di neurochirurghi e neurologi.
Al momento i pazienti per i quali è indicato questo tipo di intervento, nel nostro paese, è pari al 10% dei malati. Gli ottimi risultati ottenuti nel mondo hanno potuto far quantificare nel 50% la terapia farmacologica eliminabile, ed hanno mostrato un sensibile miglioramento delle funzioni motorie.
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