Quando la diagnosi di tumore alla tiroide si rivela davvero utile e quando invece contribuisce solo a sovrastimare questa malattia? Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) e del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano mette in luce un aspetto importante: quando si parla di cancro alla tiroide, il 90% dei casi identificati negli ultimi trent’anni potrebbero essere il frutto di un eccesso diagnostico.
Troppi esami, insomma, con la conseguenza che spesso il tumore alla tiroide viene trattato anche quando non ce ne sarebbe un effettivo bisogno. Diagnosi eccessive secondo lo studio poi pubblicato sul New England Journal of Medicine. Salvatore Vaccarella, epidemiologo dello Iarc che ha condotto la ricerca, sottolinea un importante aspetto: molti dei tumori alla tiroide scoperti e curati non avrebbero nella realtà mai condizionato la vita dei pazienti né messo in pericolo il loro stato di salute. Il motivo? Si sarebbe trattato di noduli benigni per i quali sarebbe stato sufficiente un attento screening in grado di monitorarne la eventuale crescita ed evoluzione di anno in anno, evitando però cure e interventi chirurgici spesso prematuri e comunque invasivi per il paziente.
E allora quando la diagnosi di tumore alla tiroide si rivela davvero utile? I ricercatori la indicano necessaria nei casi in cui i noduli causati dalla crescita anomala delle cellule che compongono la ghiandola siano maligni e quindi potenzialmente in grado di trasformarsi in adenocarcinoma papillare, follicolare o midollare. In questo caso il tumore, che va a colpire i tessuti ghiandolari, necessita di cure mirate (radio e chemioterapia) e interventi chirurgici utili per asportare il tumore stesso.
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Fonte| New England Journal of Medicine
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