Cancro, cambia il modo di studiarlo. Basta ricerche sui topi per poi passare all’uomo. Si passa ad una nuova tipologia di studi, basata sul genoma, in grado di mettere a confronto il patrimonio genetico umano e quello dei piccoli roditori. Uno studio parallelo, che potrebbe portare a maggiori e più veloci scoperte.
Dei veri e propri ospedali per topi, con protocolli atti a curare questi piccoli esseri come un essere umano, mettendo a confronto il risultato di analisi e terapie somministrate ad entrambi per poter in questo modo, correggere il tiro della cura utilizzata sull’uomo, rendendola più efficace e mirata.
Senza contare poi il risparmio che questo modus operandi reca con sé rendendo disponibili maggiori fondi per portare avanti ricerche di vitale importanza per la salute umana. Artefice di questo approccio è il dott. Pier Paolo Pandolfi, il direttore della Ricerca del Beth Israel Deaconess Cancer Center e del Cancer Genetics Program presso l’Università Di Harvard.
L’idea è nata in seguito agli studi del professore inerenti la leucemia promielocitica acuta (APL), un particolare tipo di tumore del sangue che colpisce indistintamente adulti e bambini e che è considerata una delle forme di leucemia più difficili da curare. Il ricercatore, come lui stesso racconta, ha partecipato fin dall’identificazione del gene agli studi su questa malattia, fino ad arrivare alla messa a punto di una terapia. Un percorso che lo ha portato a capire quanto potesse essere necessaria una sperimentazione sui topi.
Ho avuto la fortuna di partecipare alla ricerca sull’APL dal principio, ovvero dalla fase di identificazione del gene, fino alla fine, all’ottimizzazione della terapia . Questo viaggio ha permesso di scoprire la fondamentale importanza della creazione di un modello murino della patologia, ovvero la replicazione dei geni della malattia nei topi da laboratorio: a quei tempi era una sfida.
E continua:
Grazie a questa tecnica abbiamo potuto creare una leucemia identica all’APL umana nel topo PML-RARa e generare modelli animali per tutti i sottotipi genetici di APL che abbiamo identificato negli anni a seguire. Il motivo per il quale i modelli murini di APL si sono dimostrati determinanti all’eradicazione della malattia è che ci hanno permesso di ottimizzare terapie sperimentali efficaci per i vari sottotipi di APL nei topi per poi successivamente trasferirle in trial clinici nei pazienti umani.
Un percorso, che sottolinea il dott. Pandolfi, ha portato alla possibilità di trattare una malattia considerata incurabile fino a qualche anno fa.
Il tentativo di generare un modello murino migliorato rappresenta una svolta, perché ora pensiamo di poter modellare il cancro nel topo in modo che questo piccolo “paziente” possa replicare tutte le caratteristiche del cancro umano.