Diagnosi di ebola tramite un microchip. E’ questa l’ultima frontiera della lotta alla malattia, che ancora priva di una vera cura o terapia risolutiva necessita per essere combattuta adeguatamente di essere diagnosticata in tempo.
L’ebola è una malattia nei confronti dei quali non è possibile abbassare la guarda: l’ultima epidemia di questa febbre emorragica registrata ha messo a ferro e fuoco l’Africa. La comunità internazionale sta lavorando alacremente per poter giungere ad una terapia contro l’ebola efficace, ma sta anche concentrando la sua attenzione su, come già anticipato prima, nuovi metodi per la diagnosi. Quello al momento più valido sembra essere un sistema messo a punto dagli scienziati dell’Università della California.
Si tratta nello specifico di un microchip portatile di ultima generazione che darà modo, come indicato nell’articolo dedicato pubblicato sulla rivista di settore, Nature Scientific Reports, di verificare la presenza del virus nel sangue. Fino ad ora, il metodo di diagnosi d’elezione è stato una tecnica chiamata PCR che da modo di espandere l’RNA del virus in laboratorio fino a renderlo rilevabile nei campioni biologici dei presunti malati.
Quello messo a punto dagli americani si basa invece su un chip contenente DNA in grado di legarsi al virus. Una volta che il contatto è avvenuto, il materiale viene separato attraverso l’applicazione di un campo magnetico: in questo modo il virus, una volta isolato può essere evidenziato grazie ad marcatore fluorescente che si attiva se sottoposto a una fonte di calore. Rapido, poco costoso e a quanto pare sicuro.
Se nel campo diagnostico la ricerca fa grandi passi in avanti, quello terapeutico ancora necessita di fare un bel po’ di strada. I vaccini allo studio sono molti ma servirà ancora tempo prima di riuscire a trovare la formula perfetta. Al momento i malati di ebola vengono curati con trasfusioni sanguigne di sopravvissuti e con farmaci antiretrovirali, tentando di dare all’organismo la forza necessaria per liberarsi dal virus.
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