Il segreto della longevità? Potrebbe trovarsi nei crostacei, o meglio in una particolare sostanza contenuta nei loro gusci, la glucosamina. Molti ricercatori stanno concentrando i loro sforzi di studio su questo elemento con risultati che fanno ben sperare.
Da ciò che si evince da una ricerca condotta recentemente dagli scienziati del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle e pubblicata dalla rivista di settore Journal of Epidemiology, soprattutto se assunta da persone anziane, produrrebbe all’interno dell’organismo gli stessi effetti benefici dell’aspirina in merito al possibile sviluppo di tumore eliminando però completamente il problema degli effetti collaterali che l’acido acetilsalicilico reca con sé.
Nel corso dello studio dedicato i ricercatori statunitensi hanno preso in considerazione un campione di 77.500 persone con età superiore ai 50 anni ed i primi risultati ottenuti hanno mostrato il potenziale della glucosamina. La sostanza infatti ha ridotto del 13% la probabilità di morire di cancro in un follow up di otto anni i volontari che l’avevano assunta rispetto a coloro che avevano assimilato semplicemente un placebo. Secondo gli scienziati questo effetto sarebbe da addurre alla capacità antinfiammatoria di questa sostanza estraibile dai crostacei o da alcuni funghi del mais. La glucosamina si è rivelata anche in grado di abbattere del 41% la probabilità di morire di malattie respiratorie gravi nel corso dello stesso periodo di tempo.
Sebbene soddisfatti di questi primi risultati i medici ci tengono a sottolineare come lo studio non sia ancora in grado di dimostrare l’effettiva efficacia della glucosamina come protezione, o come sostanza in grado di influire senza ombra di dubbio sulla longevità delle persone. Una correlazione causa-effetto non è ancora stata trovata. Né è stato possibile provare l’effettiva azione antitumorale, al contrario di ciò che è avvenuto con l’aspirina in passato. Si suppone però che con maggiori studi a più ampio spettro si possa giungere in breve tempo a maggiori conclusioni.
Fonte | Journal of Epidemology
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