Cellule cardiache sane ed antirigetto ricavate dalle cellule della pelle. E’ questo il risultato raggiunto in Israele da un gruppo di ricercatori del Technion-Israel Institute of Technology di Haifa. Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore European Hearth Journal, illustra come sia stato possibile raggiungere quest’ulteriore livello di specializzazione nella creazione delle cellule staminali.
Una scoperta che potrebbe regalare, se la sua efficacia venisse confermata, una nuova speranza per chi ha subito dei danni al cuore derivanti da una patologia. La parte più interessante dell’intera questione risiede nella possibilità di curare il paziente con del materiale cellulare che non provochi reazioni del sistema immunitario. La letteratura medica ci insegna che non si tratta del primo tentativo sperimentale di ricostruire le aree del cuore danneggiate dall’infarto.
Ciò che rende questo studio speciale è il punto dal quale si è partiti: ovvero le cellule epiteliali di due pazienti colpiti da ischemia cardiaca, in modo da ottenere delle cellule cardiache sicuramente compatibili. Vediamo insieme come si è svolta la sperimentazione. I ricercatori hanno prima di tutto prelevato delle cellule della pelle dai due pazienti coinvolti nello studio, rispettivamente di 51 e 61 anni e le hanno riprogrammate per portarle verso uno stato d’immaturità. Scopo raggiunto grazie all’immissione di un virus che ha apportato alla struttura cellulare i tre geni correntemente utilizzati dal 2007 per ottenere delle cellule staminali pluripotenti.
Una volta ottenute, quest’ultime sono state riprogrammate per differenziarsi in cellule cardiache e sono state “ripulite” dal virus. Per verificarne la validità sono state iniettate in alcune cavie dove si sono integrate senza interferire con la funzionalità del muscolo cardiaco.
Commenta Lior Gepstein, coordinatore della ricerca:
Abbiamo dimostrato che è possibile prelevare cellule della pelle di pazienti non più giovani e con danni cardiaci e arrivare a ottenere cellule cardiache sane e giovani, equivalenti alle stesse che possedevano da neonati.
Prima di arrivare alla sperimentazione umana però, serviranno almeno dieci anni di ulteriori controlli e studi, per due motivazioni differenti: la prima consiste nel bisogno di superare l’eventualità del possibile sviluppo di tumori all’immissione delle cellule staminali nell’organo; la seconda riguarda la cronologia del possibile impianto. Nelle condizioni attuali infatti servono 15 giorni per ottenere le cellule cardiache compatibili.
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Fonte: European Hearth Journal