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Sclerosi multipla, al via trial internazionale su staminali

 Serviranno almeno 5 anni per avere i risultati definitivi, ma una importante trial internazionale sull’utilizzo delle cellule staminali come terapia per combattere la sclerosi multipla sta per partire in Gran Bretagna. Nell’equipe, anche un medico italiano, il dott. Paolo Muraro,  attualmente ricercatore presso l’Imperial College di Londra.

Questo studio prevede l’iniezione di staminali prelevate dallo stesso midollo osseo dei pazienti, nella speranza che possano dimostrare la propria validità nel raggiungere le zone danneggiate del sistema nervoso del malato provvedendo contemporaneamente alla riparazione.  Il dott. Muraro si occuperà di uno dei tre studi componenti quello principale per verificare la sicurezza  ed in seguito l’efficacia e del metodo.

I fondi che hanno dato vita allo studio, pari ad un milione di sterline, sono stati raccolti dalla Multiple Scerosis Society e dall’Ik Stem Cell Foundation. Saranno almeno 200 i pazienti scelti per la ricerca, randomizzati in Inghilterra, Scozia, Canada, Stati Uniti ed Italia. Spiega il ricercatore:

Le cellule staminali hanno un grande potenziale contro la sclerosi. L’effetto che stiamo cercando di ottenere è quello di ridurre le recidive, fermare la progressione della disfunzione neurologica e ridurre la disabilità dei malati. Questa è la prima volta che ricercatori di tutto il mondo collaborano per testare una terapia con cellule staminali in un trial su larga scala.

E per una ricerca che parte a livello europeo, nasce il bisogno di constatare come quando si parla di sclerosi multipla, l’Italia faccia in buona parte orecchie da mercante su un metodo famoso ma non riconosciuto nel nostro paese, quello del dott.  Paolo Zamboni.

La sua teoria è infatti in via di verifica in molti paesi del mondo, ultimo in ordine di tempo il Canada con dei fondi pubblici, ma è decisamente lontano da una possibile sperimentazione presso i nostri ospedali. Il timore espresso dal mondo scientifico e dallo stesso Zamboni è che molto presto, se non si darà una spinta alla ricerca anche nel nostro paese, si assisterà ad una “migrazione” verso l’estero dei pazienti. Con risultati decisamente controproducenti.

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Fonte: Corriere della Sera