Per più di 30 anni gli scienziati hanno notato che la sclerosi multipla (SM) è molto più comune nelle latitudini più alte rispetto ai tropici. Poiché la luce del sole è più abbondante vicino all’equatore, molti ricercatori si sono chiesti se gli alti livelli di vitamina D generati dalla luce solare fossero in grado di spiegare questo insolito modello di prevalenza. La vitamina D può ridurre i sintomi della SM, dice Hector DeLuca, docente ricercatore in biochimica all’Università del Wisconsin-Madison, in uno studio pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences. Lui, insieme al co-autore Bryan Becklund, suggeriscono che la parte ultravioletta della luce del sole può giocare un ruolo importante per la vitamina D nel controllo della sclerosi multipla.
La sclerosi multipla è una dolorosa malattia neurologica causata da un peggioramento della conduzione elettrica del nervo, la quale porta ad una condizione di disabilità. Negli ultimi anni, è diventato chiaro che il sistema immunitario dei pazienti è in grado di distruggere l’isolamento elettrico sulle fibre nervose.
La radiazione ultravioletta (UV), parte della luce solare, stimola l’organismo a produrre vitamina D, e sia la vitamina D che i raggi UV sono in grado di regolare il sistema immunitario e (forse) rallentare la malattia. Lo studio è stato avviato per distinguere il ruolo della vitamina D e dei raggi UV per spiegare l’elevato tasso di SM lontano dall’equatore, dice DeLuca, autorità mondiale nello studio della vitamina D.
Sin dal 1970, tantissime persone hanno creduto che il sole lavorasse con la vitamina D per ridurre la SM. E’ vero che grandi dosi della forma attiva della vitamina D sono in grado di bloccare la malattia nel modello animale. Questo provoca un livello inaccettabilmente alto di calcio nel sangue, ma sappiamo che la gente all’equatore non ha questo livello di calcio nel sangue, anche se hanno una bassa incidenza di sclerosi multipla. Così sembra che qualcosa di diverso dalla vitamina D potrebbe spiegare questo rapporto geografico.
Utilizzando i topi che sono geneticamente suscettibili alla SM, i ricercatori hanno scatenato la malattia, iniettando una proteina nelle fibre nervose. Essi hanno poi esposto i topolini a livelli moderati di radiazione UV per una settimana. Dopo aver avviato la malattia, iniettando la proteina, hanno irradiato i topi ogni due o tre giorni.
L’esposizione ai raggi UV (equivalenti a due ore di sole estivo diretto) non ha cambiato l’incidenza della malattia in molte cavie, ma ha ridotto i suoi sintomi, in particolare negli animali che sono stati trattati con una dose di UV ogni giorno. Il gruppo di ricerca ha inoltre rilevato che, sebbene l’esposizione ai raggi UV abbia fatto aumentare il livello di vitamina D, in tal senso, di per sé, non poteva spiegare la riduzione dei sintomi della SM.
In alcune situazioni, le radiazioni non riducono le reazioni immunitarie, ma non è chiaro quale ruolo potrebbero svolgere in questo studio. Se venisse scoperta una relazione causa-effetto, De Luca sottolinea che potrebbe essere possibile, almeno teoricamente, produrre un medicinale per ricreare l’effetto dei raggi UV anche dove non c’è abbastanza luce del sole, e per evitare una sovraesposizione al sole che potrebbe favorire altre condizioni come il cancro. La raccomandazione, conclude De Luca, adesso è di non correre a stendersi al sole per ore perché siamo ancora alla fase sperimentale e tutte le teorie devono ancora essere confermate.
[Fonte: Sciencedaily]