Un nuovo approccio alla SLA che coinvolga anche i muscoli e non solo i neuroni: è su questo che hanno lavorato gli scienziati dell’Università Sapienza con la collaborazione della Fondazione Ri.MED, dell’IRCCS San Raffaele Pisana e dell’Università della California.
La differenza rispetto tutti gli altri approcci proposti nei confronti della malattia consta proprio nel prendere come target terapeutico la muscolatura e non il cervello. A coordinare le squadre impegnate in questo particolare studio appena pubblicato sulla rivista di settore PNAS vi sono il Prof. Maurizio Inghilleri e la prof.ssa Elonora Palma.
La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa a progressione costante che colpisce i neuroni adibiti al movimento portando ad una paralisi non reversibile della muscolatura che comporta man mano difficoltà di deglutizione, l’impossibilità a respirare senza un aiuto meccanico ed la perdita della capacità di parola. Per giungere alle proprie conclusioni e trovare un modo diverso di trattare la patologia il gruppo di ricerca ha preso in considerazione 76 pazienti affetti da SLA e altri 17 affetti da denervazione proveniente da altre cause. Gli stessi sono stati sottoposti ad una procedura davvero innovativa ovvero un”micro-trapianto di membrane muscolari ottenute da biopsie effettuate da muscoli di pazienti SLA in cellule uovo di una rana sudafricana“. Questa è in grado di fondere le membrane umane esponendo le proteine sulla stessa e grazie a specifici trattamenti elettrofisiologici dare la possibilità di verificare gli effetti del PEA (palmitoiletanolamide, un cannabinoide) sulla massa muscolare dei malati.
I dati raccolti hanno mostrato che il il PEA sia capace di ridurre nei pazienti il declino della loro capacità vitale forzata (FVC), migliorando la loro respirazione e che come sia necessario, prima che compaiano i sintomi della malattia, di cercare i biomarkers della Sclerosi laterale amiotrofica anche nei muscoli. Commenta il dott. Pierangelo Cifelli, tra i collaboratori dello studio:
L’approccio proposto è potenzialmente rivoluzionario, perché apre la strada alla ricerca di cure a livello muscolare e non necessariamente neuronale; posso dire che la soddisfazione per i risultati ottenuti mi ripaga non solo a livello professionale, per i 3 anni di lavoro, ma anche moltissimo a livello umano: questo studio mi ha permesso di verificare con mano cosa significhi riuscire a traslare la ricerca di base a quella clinica.
Fonte | PNAS
Photo Credits | chrupka / Shutterstock.com