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Sla, robot italiano traduce pensiero in azioni

 Per un malato di Sla, sclerosi laterale amiotrofica, avere la possibilità di poter continuare a comunicare e riuscire a compiere delle azioni volte ad avere una quotidianità il più possibile normale potrebbe a breve non essere più una chimera. Un gruppo di ricercatori, guidati da Febo Cincotti della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha creato il prototipo di un robot in grado di tramutare i pensieri in azioni e parole.

Lo ricordiamo, si tratta di una prima “versione” di un macchinario che necessiterà sicuramente di alcuni “aggiustamenti”, ma che già rappresenta una interfaccia valida “cervello-computer” attraverso la quale i malati di Sla affetti da un grave stadio di disabilità ( colpiti a tal punto di non poter muovere neppure gli occhi,n.d.r)  potranno comunicare.

Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione AriSLA per la ricerca sulla SLA, con il contributo di AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il nome del prototipo è “Brindisys”  e rispetto a precedenti modelli della stessa tipologia decisamente complessi da utilizzare e necessitanti supporto tecnico (nonchè molto ingombranti, n.d.r.), quest’ultimo non solo è completamente “non invasivo” ma è di così facile utilizzo che si adatta alla necessità di qualsiasi malato.

A livello tecnico è dotato di un elaboratore miniaturizzato simile a quelli usati all’interno dei riproduttori DVD ed è grazie a questo che è in grado di “captare”  l’intenzione dell’utente dall’esame del suo segnale elettroencefalografico senza che vi sia dietro un computer potente. Il paziente comunica con il robot attraverso una cuffia dotata di elettrodi chiamati a rilevare il comando attraverso il potenziale elettrico prodotto dal cervello.  Di qui, il “messaggio” arriva al lettore ed ad un tablet collegato, dal quale poi l’azione finale parte.

Spiega il dott. Febo Cincotti:

Il progetto è nato con l’obiettivo di realizzare un sistema di ausilio che includa un’interfaccia cervello-computer semplice, incorporata in un apparecchio indipendente senza bisogno di un personal computer. Altri dispositivi analoghi sono stati ideati nel corso degli anni, ma nessuno è stato pensato per rispondere alle esigenze dei malati di SLA, che variano col progredire della malattia. Fin dall’inizio del progetto il nostro obiettivo è stato identificare i loro bisogni specifici, e coinvolgerli nella validazione del sistema per confermarci che stiamo procedendo nella direzione giusta.

Si tratta di un progetto di ricerca, e prima di un reale utilizzo sui pazienti bisognerà ancora lavorarci. Il prossimo passo sarà verificare le opinioni di coloro che stanno sperimentando il macchinario in questa prima fase. In base alle loro risposte i ricercatori apporranno nuove modifiche al prototipo.

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