Stalking: cosa succede nella testa degli individui? Come funziona il loro cervello? Perché tutta questa gelosia violenta? Sono queste le domande che si sono posti i ricercatori della facoltà di medicina dell’Università di Pisa del dipartimento di psichiatria e scienze neurologiche. Trovando anche alcune risposte.
Risposte che potrebbero aiutare gli scienziati a sintetizzare dei farmaci specifici per controllare i comportamenti estremi tipici degli stalker. Secondo la ricerca condotta dagli esperti italiani, il cervello sarebbe “biologicamente programmato” per generare tali approcci “incontrollabili” in queste persone. Il tutto passerebbe dalle aree cerebrali, scoperte attraverso la risonanza magnetica, responsabili della gelosia e di quella conosciuta come la “sindrome di Otello”. I risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista di settore Cns Spectrums .
Gli scienziati sono partiti da un presupposto: quello di intendere la gelosia come parte fondamentale dell’esperienza umana e da lì hanno tentato di comprendere cosa avviene nel cervello quando la gelosia diventa ossessione capace di sfociare sia nello stalking che in comportamenti fisici violenti. Dalle sperimentazioni con la risonanza magnetica è emerso che la gelosia nasca nella corteccia prefontale ventro-mediale, proprio sopra la fronte, nell’area predisposta alle emozioni ed alle reazioni alle stesse. Da qui la voglia dei ricercatori di comprendere più a fondo i meccanismi di incontrollabilità. Commenta la dott.ssa Donatella Marazziti, nel team di ricerca:
Lo studio è appena agli inizi. La gelosia solo di recente ha catturato l’attenzione delle neuroscienze. Purtroppo nelle attuali classificazioni dei disturbi mentali non c’è traccia della gelosia in quanto categoria a sé. Si trova nascosta nelle più vaste categorie della depressione, dei disturbi ossessivo-compulsivi, della paranoia. La nostra ricerca dimostra invece che in realtà è un disturbo mentale a sé stante, soprattutto nelle sue forme estreme.
Riuscire a dipanare biologicamente il problema, potrebbe condurre alla messa a punto di terapie mirate in grado di rendere inoffensive le persone a rischio di comportamenti violenti.
Fonte | Cns Spectrums
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