L’epatite C è una delle malattie più pericolose che possano colpire il fegato umano. Una sorta di killer silenzioso se non curato per via della sua capacità molto sottile, di rimanere praticamente asintomatica.
Si tratta di una patologia spesso scoperta casualmente e in ritardo rispetto ai tempi di utili di intervento. E’ tra i principali fattori di rischio per ciò che riguarda la formazione di tumori al fegato. La ricerca sulla malattia prosegue, ed a quanto pare sarebbe arrivata ad un punto di svolta. Sarebbero infatti stati scoperti due enzimi che agevolano lo sviluppo di questa malattia.
Partendo da questo punto gli scienziati hanno ora la possibilità di sviluppare in laboratorio dei farmaci antivirali specifici e molto più efficaci rispetto a quelli attualmente in uso per combattere l’epatite. La notizia è stata diffusa dalla rivista online Nature Medicine, che da tempo ha focalizzato parte del suo interesse su questa tematica.
La scoperta è stata possibile grazie allo studio congiunto di scienziati francesi, inglesi e statunitensi. Lo studio che ha reso possibile tale passo in avanti nella ricerca, dopo essere stato condotto sugli animali, verrà condotto su diversi pazienti già in cura per aver contratto l’epatite C. Ciò a cui si punta è scoprire se ciò messo a punto in seguito alla scoperta dei due enzimi possa ritenersi funzionante anche a livello umano per far partire quindi una produzione e la messa a punto di nuovi protocolli terapici.
Nello specifico gli scienziati, effettuando uno screening dell’Rna del virus sono stati un grado di identificare sia il recettore relativo al fattore di crescita dello stesso che il suo recettore efrina, scoprendo che questi ultimi rappresentano una sorta di “passpartout” per la malattia negli esseri viventi. Bloccando questi due enzimi con degli inibitori, sia su topi che su cellule di fegato umano coltivate è stato possibile riscontrare una sorta di funzione “antivirale” da parte dell’organismo che fa ben sperare, come già anticipato, per una cura più focalizzata ed efficiente della patologia.
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Fonte: Nature Medicine