Quando veniamo colpiti dal virus dell’influenza, il nostro organismo è costretto a combattere per ristabilire una condizione di benessere. Spesso, sia durante che in seguito a quest’affezione, ci sentiamo come istupiditi. I ricercatori dell’Università di Portland hanno scoperto che tutto ciò deriva dall’attivazione di un certo tipo di neuroni.
Ovviamente anche la febbre ed il raffreddore compiono il loro “dovere”, ma in buona parte il merito di questo nostro stato alterato deve essere dato, come è stato rilevato attraverso le immagini ottenute tramite risonanza magnetica, a queste particolari cellule cerebrali contenute nell’ipotalamo ed in parte dell’amigdala che si attivano quando veniamo colpiti da un virus per convogliare maggiori energie verso il nostro sistema immunitario.
Questi neuroni, chiamati “ipocretinergici”, fanno in modo tale che la “forza” che noi impiegheremmo per condurre della normale attività fisica, venga inviata a quella parte del nostro corpo che lotta contro l’agente patogeno che ci sta causando malessere, portandoci quindi, attraverso la spossatezza, a limitare al massimo la nostra attività e azzerando la voglia di fare qualsiasi cosa.
Secondo i ricercatori statunitensi questo meccanismo non entrerebbe in vigore solo in caso di virus influenzale, ma anche in concomitanza di qualsiasi malattia acuta o cronica. E’ un “modus operandi” che il nostro organismo ha migliorato nel corso dell’evoluzione e che mira alla sopravvivenza dello stesso. Queste particolari cellule cerebrali sono state scoperte nell’ambito di uno studio sulla narcolessia cataplettica, una rara forma d’ipersonnia, che causa il crollo istantaneo della persona a terra per via dell’addormentamento improvviso.
E’ stato proprio grazie alla scoperta di questi neuroni regolati da una neuroproteina, l’ipocretina, che è stato possibile iniziare a mettere a punto dei farmaci contro l’insonnia e la narcolessia adeguati. Ed è stato proprio partendo da questo passaggio, che si è riusciti a collegare questa nostra “spossatezza” relativa alla malattia alle cellule cerebrali ipocretinergiche ed alla loro politica di “risparmio” attuata in situazioni di difesa.
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Fonte: Journal of Neuroscience