Internet mette a dura prova la nostra memoria. Come? Portandoci ad esercitarla di meno. Si tratta di un problema che venne già rilevato ai tempi dei primi calcolatori: perché sforzarsi mnemonicamente se c’è qualcuno che lo fa per noi? La rete, secondo uno studio americano della Columbia University di New York è colpevole di portarci all’impigrimento.
E la sua arma migliore per raggiungere tale scopo sono i motori di ricerca, ai quali gli esseri umani purtroppo delegano sempre di più il loro lavoro di apprendimento, sacrificando la memoria individuale ed umana a favore di una memoria collettiva e digitale ben presto fulcro di un “mondo malato di amnesia”.
E’ questo che la ricercatrice Betsy Sparrow ed il suo team di scienziati hanno tentato di dimostrare attraverso uno studio dedicato, spiegando come la rete sia divenuta per gli internauti una sorta di memoria “transattiva”, esterna, ma soprattutto utile perché fa tutto al posto nostro. L’assunto è stato verificato attraverso alcuni test condotti su un gruppo di giovani, testando come sia la memoria che la capacità di apprendimento degli stessi si sia plasmata attorno alla rete.
In un primo esame è stato preso un gruppo di 46 studenti di Harvard e sono state poste loro domande su una serie di argomenti sparsi, notando che più le domande erano attinenti a termini legati alla rete ed ai motori di ricerca, più gli interrogati si dimostravano lenti nelle risposte. Maggiore prontezza di riflessi è stata invece notata rispetto a parole estranee al mondo di internet. Negli altri due test i ricercatori hanno sottoposto i volontari ad alcuni quiz sui quali sarebbero stati poi “interrogati” per verificare quanto ricordassero degli stessi.
E’ stata data la possibilità di segnare le cose più importanti su un pc non collegato alla rete. Ad un gruppo è stato detto che i file potevano essere salvati, mentre all’altro l’esatto contrario. Come era prevedibile il comportamento dei due gruppi è stato differente: i ragazzi che contavano sul salvataggio hanno dimenticato maggiori informazioni, mentre gli altri hanno mantenuto in memoria più informazioni.
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Fonte: Corriere della Sera