I problemi di udito potrebbero accelerare il declino cognitivo. A rivelarlo, uno studio condotto dai ricercatori della Johns Hopkins University, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Internal Medicine. Secondo gli esperti, che hanno esaminato 1.984 soggetti anziani per 6 anni, ci sarebbe una correlazione tra la perdita di udito/sordità e il restringimento del cervello fino alla demenza.
I problemi di udito sono un disturbo molto comune negli anziani. Tra gli over 65, infatti, riguarda 1 soggetto su 3. Chiaramente, grazie agli apparecchi acustici, oggi di dimensioni sempre più piccole, si può recuperare un buon udito. Il sintomo più comune della perdita dell’udito, anche detta ipoacusia, è appunto l’impossibilità di sentire quello che viene detto. In alcuni casi si riscontrano anche mal d’orecchio (se la perdita dell’udito è causata da perforazioni della membrana del timpano o infezioni), fuoriuscita di sangue o pus dal canale uditivo, vertigini. Anche il ronzio (acufene) è un sintomo piuttosto diffuso.
I ricercatori americani hanno sottoposto i partecipanti a test di abilità mentale e analisi per valutare lo stato dell’udito. Durante i 6 anni di studio, periodicamente, i partecipanti hanno continuato a sottoporsi a visite e test per valutare l’udito e la salute mentale. Con il passare degli anni, per molti di loro si è verificato un peggioramento nei test cognitivi, ma nei pazienti che soffrivano di ipoacusia si è riscontrato un peggioramento più veloce del 40%.
Sebben non sia stato chiarito il meccanismo che favorisce la demenza nelle persone che perdono l’udito, secondo il dottor Frank Lin, che ha coordinato la ricerca:
l’isolamento sociale può essere una delle cause del maggiore declino cognitivo, per via della mancata interazione con gli altri e anche la riduzione delle conversazioni cui si va incontro.
Dunque, non trascurare l’udito può aiutare non solo a migliorare le interazioni sociali, ma soprattutto a tenere lontano lo spettro del declino mentale.
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