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Omicidi giovanili, bullismo ed emarginazione tra i principali fattori di rischio

 Studenti che all’improvviso impazziscono e sparano contro l’insegnante, contro i compagni di scuola; giovani che impugnano una pistola o imbracciano un fucile e sparano sulla folla in occasione di comizi politici; altri che fanno fuoco su genitori, vicini di casa, moglie e figli. Scene di inaudita violenza comuni negli States e non solo.

Ma cosa c’è dietro questi omicidi di massa? E’ facile etichettare come gesti di un folle queste stragi, che certamente non possono essere giustificate in alcun modo.

Tuttavia, un recente studio avrebbe cercato di capire, analizzando i fattori di rischio più comuni che caratterizzano l’identikit degli assassini che sparano per colpire quante più persone possibili.
La ricerca si è soffermata nello specifico sugli studenti killers.
Dal bullismo alla mancanza di sostegno da parte dei genitori, ad interventi di igiene mentale nulli o inefficaci, tutti questi fattori sono potenzialmente coinvolti quando uno studente si trasforma in un omicida spietato.

L’analisi, effettuata da Hyunkag Cho, della Michigan State University, ha esaminato da vicino uno studente che a 23 anni uccise 33 persone al Virginia Tech nel 2007, Seung-Hui Cho.
Secondo lo studio, che appare sull’ultimo numero del Journal of Loss and Trauma, il killer del Virginia Tech aveva una serie di fattori di rischio che rientrano in un quadro complesso di sistemi sociali, tra cui la famiglia, la scuola, gli amici, la cultura e i servizi alla comunità.

Inoltre, lo studio è uno dei primi ad esplorare i potenziali fattori di rischio che derivano dalle difficoltà di integrazione che incontrano gli immigrati e le minoranze. Lo studente in questione del Virginia Tech, ad esempio, sarebbe stato deriso per le sue scarse capacità in inglese e nell’affrontare le barriere culturali.

Cho ha detto che molti dei fattori di rischio negli USA comprendono certamente l’accesso facile alle armi da fuoco, l’esposizione mediatica alla violenza… inoltre i maschi vedrebbero, rispetto alle donne, la violenza come un modo legittimo per risolvere i conflitti. La stragrande maggioranza dei serial killer è di sesso maschile, spiega lo scienziato.

Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino, sottolinea saggiamente Cho. Ecco perché bisogna intervenire sia a scuola, per diminuire i casi di bullismo, sia in famiglia, per notare i sintomi di disagio ed indirizzare i giovanissimi verso un consulto specialistico, che a tutti i livelli della società, dai media alle istituzioni per non esacerbare il clima di violenza.

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[Fonte: “Revisiting the Virginia Tech Shootings: An Ecological Systems Analysis”; Journal of Loss and Trauma]