Seguite dei rituali ben precisi legati all’infanzia anche nella vita adulta? Attenzione, potrebbe esserci un disturbo ossessivo compulsivo sotto. Un possibile problema mentale? Non è detto, ma è il caso di tenere gli occhi aperti. Spesso il concetto di normalità è aleatorio rispetto alla vita reale. Bisogna quindi prestare attenzione a tutte quelle azioni che nel loro bisogno di essere ripetute diventano ossessive.
Bisogna distinguere ciò che viene considerato normale ed anormale da quello che effettivamente risulta essere una spia di qualche problema o disagio mentale. Vi possono esserer dei comportamenti “diversi” da ciò che comunemente viene ritenuto accettabili “normali” nel loro essere ed azioni normalissime che se ripetute più volte secondo rituali rappresentano la spia di disturbi ossessivi compulsivi.
E’ il caso di quei comportamenti o insegnamenti ai quali viene data troppa importanza e spazio nella vita reale che potrebbero essere davvero sintomo di un disturbo psichiatrico. Pensiamo a lavarsi eccessiamente, pensare troppo al sesso o a pensieri violenti. Ed ancora l’estremismo religioso, il ripetere una particolare azione troppe volte anche quando non ve ne è assolutamente bisogno. Insomma, rituali.
Come spiega il dott. Reuven Dar, professore di psicologia presso l’Università di Tel Aviv, i primi sintomi dei disturbi ossessivi compulsivi si possono notare già in tenera età.
Se si vede che un bambino è molto legato ai rituali, e che diventa ansioso se non ha la possibilità di svolgerli, questo può essere un campanello d’allarme.
Una sorta di soglia di “normalità” nell’affrontare i rituali può essere riscontrata negli 8 anni di età. Al di là di quella soglia, se il bambino si arrabbia o si innervosisce se non può mettere in pratica i suoi rituali, è necessario cercare una soluzione al disturbo, tentando di capire se si tratta di un semplice capriccio o se vi è qualche problema sotto.
Allo stesso modo il discorso vale per gli adulti: se si notano dei rituali è importante intervenire per dare il giusto supporto alla persona ed evitare la caduta nel baratro della malattia mentale.
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Fonte: La Stampa