Oltre ai vari problemi legati alle malattie e alla carenza di cibo ed acqua, gli immigrati di tutto il mondo, proprio come quelli che in queste settimane stanno sbarcando a Lampedusa, devono far fronte ad un altro problema grave: i riflessi sulla salute mentale.
Uno studio effettuato dall’UC Davis School of Medicine e del National Institute of Psychiatry, in Messico, si è concentrato sulla migrazione dei messicani verso gli Stati Uniti, ma i risultati sono validi anche nel nostro caso in quanto applicabili ad ogni persona che varca i propri confini nazionali illegalmente, e si ritrova a dover affrontare una nuova lingua, nuove leggi e nuove abitudini senza l’ombrello della legalità.
Il rischio maggiore si chiama depressione e ansia, ma secondo l’articolo pubblicato sugli Archives of General Psychiatry, sono molti di più. I migranti di solito hanno tra i 18 e i 25 anni ed hanno quattro volte e mezzo più possibilità di ammalarsi di un disturbo depressivo rispetto ai loro coetanei della stessa età che non emigrano.
Spiega l’autore dello studio Joshua Breslau, professore associato di medicina interna presso l’UC Davis School of Medicine e un ricercatore del Centro su Salute e Disparità:
I risultati suggeriscono che dopo la migrazione dal Messico agli Stati Uniti, i migranti hanno più probabilità di sviluppare significativi problemi di salute mentale degli individui che sono rimasti in Messico.
Lo studio ha confrontato i rischi tra i migranti adulti e i non migranti di soffrire di depressione o disturbo d’ansia, come definito dal IV Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali della American Psychiatric Association. La depressione comprende un episodio depressivo maggiore, depressione cronica e distimia (depressione cronica meno grave); le condizioni di ansia comprendono disturbo d’ansia generalizzato, agorafobia, fobia sociale e disturbo da stress post-traumatico.
Lo studio ha analizzato i dati di circa 550 interviste a uomini e donne migranti di origine messicana e circa 2.500 messicani non migranti. Hanno controllato le differenze nei fattori che potrebbero influenzare il rischio per i disturbi dell’umore, tra cui le differenze di status socio-economico. Secondo lo studio, appena si varca il confine il rischio di episodi simili sale di quasi il doppio (1,8), e ancor di più per i giovani, fino ai 25 anni, rispetto ai più grandi fino ai 35, mentre sorprendentemente dopo i 36 anni non sembravano esserci grosse differenze.
Ad incidere sono molto le differenze culturali, ma anche la maggiore facilità di ricorrere a sostanze stupefacenti. Ovviamente incidono anche i fattori sociali come la difficoltà a trovare un lavoro, e la costante consapevolezza di essere fuori dalla legge.
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[Fonte: Sciencedaily]