Gli adolescenti e i giovani di oggi sono quello che i ricercatori chiamano “nativi digitali”, o “iGeneration,” una generazione costantemente connessa ad internet che è sempre indaffarata tra Facebook, sms e instant messaging. Ora, una serie di nuovi studi rivelano che gli effetti psicologici di quello che è stato ribattezzato “Facebooking” possono essere sia buoni che cattivi.
A guidare la ricerca è Larry Rosen della California State University, che ha presentato il suo studio alla riunione dell’American Psychological Association a Washington DC la scorsa settimana. Nella sua teoria gli adolescenti che utilizzano Facebook più spesso mostrano tendenze narcisistiche, ma hanno anche possibilità di imparare a socializzare, in particolare per quanto riguarda quelli più timidi. E mentre Facebook può essere fonte di distrazione, che a volte si ripercuote sui risultati scolastici, il social networking è in grado di fornire anche strumenti per l’insegnamento in modo più “leggero” per molti studenti.
Per i genitori che si preoccupano dei rischi di internet, Rosen spiega:
Se si ritiene di dover utilizzare una sorta di programma per monitorare di nascosto l’attività sui social network del proprio figlio, si sta perdendo tempo. Lui troverà una soluzione in pochi minuti. Bisogna cominciare a parlare di utilizzare la tecnologia appropriata per costruire la fiducia, in modo che quando c’è un problema, vostro figlio ve ne parlerà.
I suoi risultati sono basati su diversi sondaggi effettuati su oltre 1.000 adolescenti americani. Le indagini comprendevano domande sull’uso del computer, Internet e social-network, l’utilizzo di dispositivi Internet mobili e servizi di telefonia, come SMS, così come i fattori legati alla salute mentale. Rosen ha così scoperto che anche tra alcuni aspetti negativi, ci sono anche alcuni effetti positivi.
Il social-networking può dare una mano ai ragazzi timidi ad intraprendere relazioni e a fare esperienze, perché parlare attraverso una tastiera è più facile che non di persona. Facebook e altri social network promuovono le sane relazioni sociali, un passo importante nello sviluppo adolescenziale. Le reti sociali possono insegnare l’empatia agli adolescenti, o la capacità di comprendere i sentimenti di qualcun altro. Trascorrere del tempo in queste reti sociali digitali ed essere connessi ad altre persone insegna ai giovani adulti l’empatia digitale, che può propagarsi nel mondo reale.
Ovviamente ci sono anche alcuni aspetti negativi, primo fra tutti un certo grado di narcisismo, mancanza di empatia, una maggiore aggressività e tratti associati a malattie mentali come la schizofrenia e la depressione che capitano talvolta in ragazzi che, se sono già propensi a queste condizioni, trovano una sorta di cassa di risonanza nei social network.
La conclusione a cui Rosen giunge è che bisogna insegnare ai propri figli a fare delle “pause tecniche” di tanto in tanto per staccarsi dalla realtà virtuale e rimanere con i piedi per terra sulla realtà. La strategia migliore non è negare l’accesso ai social network, ma soltanto trovare il modo in cui non interferiscano con gli studi e non abbiano gli effetti negativi sopra descritti.
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[Fonte: Livescience]