Nel corso delle festività si eccede sempre nel mangiare e nel bere. Contro le sbronze però, vi sarebbe un’arma particolare a vantaggio della persona che ha esagerato nel bere: gli asparagi. Lo suggerisce uno studio condotto dall’Istituto di Scienze Mediche e dalla Jeju National University, in Corea, e pubblicato sulla rivista di settore Journal of Food Science.
Gli asparagi, naturalmente ricchi di sali minerali ed amminoacidi, secondo gli scienziati proteggerebbero le cellule del fegato dalle tossine ed allevierebbero possibili sintomi causati da dall’assunzione di alcol ed i postumi della sbronza. I ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sugli elementi contenuti nei germogli e nelle foglie giovani di asparago, e dopo averli estratti hanno osservato la reazione scatenata dagli stessi nel contatto con delle cellule epatiche animali e umane. I risultati hanno mostrato la loro efficacia nel combattere lo stress ossidativo nel fegato, di solito causato da tossicità cellulare. Gli asparagi non sono nuovi all’apporto di benefici nell’organismo: è da sempre usato nella medicina naturale come antinfiammatorio e diuretico e negli ultimi tempi diverse ricerche stanno valutando la sua efficacia antitumorale.
Commenta il dott. Kim, coordinatore dello studio con i media:
Il contenuto di aminoacidi e minerali è risultato essere molto più alto nelle foglie rispetto ai germogli. E la tossicità cellulare era significativamente alleviata in risposta al trattamento con gli estratti di foglie di asparagi e germogli. Questi risultati forniscono la prova di come le funzioni biologiche degli asparagi possano contribuire ad alleviare i postumi da sbornia di alcol e proteggere le cellule del fegato.
Ovviamente sarebbe bene non eccedere nel corso delle festività con alcol e cibo. In caso contrario però, consumare un po’ di asparagi in più nella nostra dieta non è assolutamente sconsigliato. Se vogliamo un piatto di verdure con le quali depurarci, con loro abbiamo trovato risposta alla nostra domanda di benessere e di piatti gustosi.
Fonte | Journal of Food Science
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